STUPRO E ABORTO: I PARADOSSI DELL’IDEOLOGISMO COMUNISTOIDE
Il 23-7-18 è stata emessa dal Tribunale di Milano una condanna esemplare, con pene fino a 12 anni di reclusione, a carico degli imputati per uno stupro commesso nell’aprile dello scorso anno ai danni di una ragazza appositamente drogata prima del fatto, come documentato da un filmato, poi proiettato in udienza, ripreso all’interno di un locale meneghino.
Tale reato esprime un profondo disprezzo verso il nostro prossimo, relegato a mero oggetto.
Un disvalore sociale peraltro naturalisticamente inferiore rispetto a quello che si manifesta con un atto abortivo, in cui la vittima viene addirittura soppressa da chi la dovrebbe proteggere, di regola con la complicità di altre persone, atto che l’ideologismo comunistoide imperante, tradottosi nella 194, considera non solo degno di essere legalizzato, ma espressione di un sacrosanto diritto civile.
Proprio la maggiore gravità dell’aborto rispetto allo stupro rende tanto più ingiustificabile la prima condotta anche quando sia compiuta a seguito della seconda, in quanto un atto non può in alcun modo essere giustificato da altro atto precedente meno grave, a maggior ragione se commesso ai danni di un innocente che nessuna responsabilità ha nella causazione del primo evento.
La tesi secondo cui una donna non deve essere costretta a far nascere ed accettare il figlio del proprio carnefice è tanto più fragile, se è vero che tale condizione è molto diffusa senza per nulla rappresentare un’anomalia, in quanto ad esempio comune a buona parte dei figli di coniugi separati o comunque di ex coppie, non solo accettati ma spesso adorati da genitori che si detestano tra loro.
Dopo aver ricordato che il primo paese al mondo che ha legalizzato l’aborto volontario, principio recepito solo decenni dopo dallo stato liberale, è stato nel 1921 l’Unione Sovietica, che la 194 è entrata in vigore con il 70% dei voti favorevoli espressi da parlamentari eletti nelle liste dell’ex Pci (con il voto contrario di Dc e Msi, che poi invitarono gli elettori a votare per l’abrogazione di tale legge nel referendum del 1981) e che le contestazioni che riceviamo provengono significativamente e sistematicamente da quella parte politica, il giorno in cui l’aborto volontario sarà di nuovo reato in Italia avremo compiuto un passo importante verso la decomunistizzazione sostanziale del nostro paese.
Avv. Pietro Guerini – Presidente nazionale Comitato NO194 ed omonima associazione