NUOVO REFERENDUM ABROGATIVO DELLA L. 194 : ABORTO E LIBERALISMO
Nel dibattito sorto attorno alla 194 , i sostenitori di questa legge si sono frequentemente appellati al rispetto dei diritti civili , consacrati dal liberalismo .
Quante volte abbiamo udito Pannella ergersi a paladino di quei diritti ed annoverare tra le proprie vittorie a tutela degli stessi le normative sull’aborto , sul divorzio etc ?
Il liberalismo è la dottrina che ha permeato la concezione moderna dello Stato , non a caso definito come Stato liberale , storicamente frutto del successo della borghesia contro i privilegi aristocratici tutelati dalle monarchie assolute , in un conflitto sviluppatosi a partire dalla fine del XVIII secolo .
L’affermazione dei principi fondamentali del liberalismo , peraltro , ha origini senz’altro anteriori e ( a scanso di equivoci sulla forma di Stato ) non repubblicane , se pensiamo che la prima monarchia costituzionale al mondo fu quella inglese , risalente alla fine del secolo precedente , e che essa attuava per la prima volta la tipica forma di governo del liberalismo classico .
Tale dottrina , anzitutto , si caratterizza , da un lato , per la legittimazione della volontà popolare espressa in termini maggioritari ( anche se la sua traduzione sotto forma di democrazia fu lenta e graduale ) e , dall’altro , per il rispetto comunque delle minoranze .
Inoltre , attraverso di essa si riconoscono ed affermano le libertà individuali dei cittadini e l’eguaglianza di quest’ultimi tra di loro .
Un secolo prima della rivoluzione francese , il filosofo inglese John Locke fondava questo principio egalitario sulla teoria contrattualistica , secondo la quale nello Stato di natura tutti gli uomini sono uguali ed esercitano i propri diritti naturali .
Diritti naturali espressamente individuati in libertà , uguaglianza , proprietà e vita .
E diritti che vennero sostanzialmente recepiti dalla cultura illuministica , cultura che taluni ( da più parti ) insistono nel contrapporre ai valori cristiani .
Un atteggiamento , questo , determinato , su un versante , dalla mortificazione della religione ad espressione di ignoranza oscurantista e , sul versante opposto , dall’enfatizzazione di meri fenomeni degenerativi dell’illuminismo .
Fenomeni , peraltro , non trascurabili , pensiamo al dispotismo illuminato di Voltaire , alla democrazia diretta ( non rappresentativa e non garantista verso le minoranze ) di Rousseau , alle implicazioni sanguinarie della rivoluzione francese ( che Popper poneva all’origine dei totalitarismi del 900 ) , all’ateistica assolutizzazione della ragione e dello scientismo .
In realtà ed in generale , la contrapposizione tra principi liberali e cristiani , a mio avviso , può essere ravvisata solo sulla base di visioni distorte di essi , al di là delle differenze esistenti tra le due culture ( si consideri , ad esempio , la particolare e maggiore sensibilità cristiana verso i corpi intermedi e i rapporti solidaristici ) .
Come si può non cogliere il carattere egalitario del messaggio cristiano , teso ad esaltare da duemila anni ( ben prima dell’avvento del liberalismo o dell’illuminismo ) l’uomo nella sua essenza , al di là della propria condizione ( sociale o altro ) ?
E come si può ritenere estranea al pensiero cristiano l’esaltazione della fratellanza tra gli uomini ?
Ancora , come si può concepire in senso antilibertario una dottrina religiosa ( quella cattolica , in particolare ) che accompagna all’ovvia affermazione di precetti la centralità del libero arbitrio ?
La stessa laicità ( di cui tanto si straparla , come sottolineato in dettaglio nel mio pezzo allegato al numero del 31-3-2010 ) , che si considera diffusamente un corollario del liberalismo , si fonda su una separazione tra Stato e Chiesa che riprende quel “ Diamo a Cesare quel che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio “ proclamato addirittura da Gesù Cristo .
Anche per questi motivi , quando il 18-7-2009 pubblicai su www.ladestrabergamo.it l’articolo da cui ha avuto origine l’iniziativa referendaria ( che ho poi recepito nella prima delle tre parti del manifesto originario della stessa , riportato sul sito www.no194.org il giorno della sua costituzione , il 28-9-2009 , ed allegato nel suo file storico al mio pezzo del numero del 31-1-2010 di questa rivista ) partivo da una visione fortemente critica della 194 e del fenomeno abortivo senz’altro agevolata dalla fede religiosa , ma non esaurita da essa .
Il mio approccio di fondo alla questione aborto ed alla normativa che lo disciplina è essenzialmente basato sui principi generali dell’ordinamento giuridico , non sui vangeli , sulle encicliche o su un comandamento ( “ Non uccidere “ ) , che non a caso non cito mai pur nel loro rispetto e nella loro condivisione e nonostante sia orgogliosamente cattolico .
Principi generali dell’ordinamento giuridico che , a loro volta , si ispirano essenzialmente proprio ai dettami essenziali del liberalismo .
Ed è l’ideologo più profondo di tale dottrina e , comunque , il suo precursore , John Locke , che , come detto , ha indicato nella vita ( oltreché nella libertà , uguaglianza e proprietà ) uno dei diritti naturali dell’individuo .
Il diritto alla vita è oggettivamente il diritto naturale fondamentale in assoluto , che rende tutti gli uomini uguali , anche coloro che non sono titolari di proprietà o di ricchezza , e che è prodromico ad ogni altro diritto , giacché la precondizione per esercitare un diritto è quella di poter nascere .
Che senso ha celebrare e tutelare le libertà di domicilio , di riservatezza , di circolazione , di riunione , di associazione , di manifestazione del pensiero se alla base non vi è il riconoscimento del diritto alla nascita ?
Un diritto radicalmente e oggettivamente leso nel momento in cui si legalizza , ai sensi dell’art. 4 della 194 , la soppressione di un concepito nei primi 90 giorni di gravidanza senza alcuna motivazione e nel momento in cui è pacifico che ciascuno di noi è nato per la ricorrenza di due condizioni : il concepimento e l’assenza di eventi letali durante la gravidanza , tra i quali la sua interruzione volontaria è quello casisticamente più frequente .
Non a caso il nostro ordinamento riconosce al concepito la titolarità di diritti successori .
Diritto alla nascita che avrebbe dovuto essere espressamente menzionato tra quelli inviolabili riconosciuti dall’art. 2 della Carta , quale presupposto del principio di eguaglianza , affermato dalla disposizione successiva , e di tutti gli altri diritti , trattati nelle norme seguenti .
Con quel riconoscimento costituzionale , come ho avuto modo di precisare , leggi come la 194 non avrebbero potuto superare l’invocato vaglio della Consulta .
Quanto meno , più sofisticatamente , i costituenti avrebbero potuto attribuire al Capo dello Stato , in sede di promulgazione , un diritto di veto ripetibile e vincolante ( al contrario di quanto previsto dall’art. 74 della Carta ) per il Parlamento sulle leggi nelle quali egli ravvisasse una lesione di diritti dei non elettori ( soggetti dai quali i Parlamentari non dipendono ) , quali i concepiti sono .
Lesione assoluta e letale , nel nostro caso , poiché estrinsecantesi nella legittimazione della loro soppressione .
Ecco che il liberalismo , purtroppo , viene nella fattispecie deformato nell’esaltazione del più forte , al liberale riconoscimento dei cui diritti consegue per legge l’espressa negazione ( illiberale per antonomasia ) del diritto di base di coloro che non hanno voce , all’insegna del “ Chi tardi arriva non alloggia “ .
E’ davvero arduo ravvisare , sotto tale profilo , un elemento distintivo tra lo Stato liberale ed una qualsiasi dittatura dispotica , in quanto le argomentazioni contrarie appaiono decisamente fragili .
Nessuno potrà mai spiegare in modo convincente come possa essere giustificato il diritto esclusivo di una donna di sopprimere la figlia senza alcuna motivazione durante i primi 90 giorni di gravidanza , come tale diritto non si traduca nella prevaricazione ai danni della più debole e come esso sia compatibile con il principio di eguaglianza .
Nessuno , poi , potrebbe mai argomentare con successo le ragioni per le quali , sempre nel rispetto del princìpio di eguaglianza , il diritto alla nascita non andrebbe esteso al maschio .
Così come nessuno può considerare rispettosa di tale princìpio la negazione ( derivante dall’art. 5 della 194 ) del diritto del potenziale padre di intervenire sulla decisione abortiva , né persino di essere informato di essa , e ciò anche nell’ipotesi che la gestante sia sua moglie .
Di qui la necessità per chiunque sia animato dal rispetto dei valori di libertà , di eguaglianza , di fratellanza , di difesa dei diritti civili di attivarsi per l’abrogazione della normativa in oggetto .
Perché ciò avvenga , l’unica via praticabile è quella referendaria .
Questo non solo in conseguenza delle carenze costituzionali citate , che stanno alla base della vigenza di tale normativa , ma anche per l’atteggiamento inerte della classe politica e parlamentare , teso a non adottare iniziative a favore dei concepiti ( non elettori ) che possano assumere carattere impopolare in relazione agli interessi di comodo degli elettori , dal consenso dei quali essi dipendono .
Elettori sempre nel nome del cui consenso i parlamentari cosiddetti cattolici si limitano ad esprimere di tanto in tanto sulla 194 riserve generiche , stucchevoli , di assoluta irrilevanza concreta e giuridica , senza che essi abbiano di fatto mai depositato in questo trentennio , successivo al primo referendum ( risalente al 17 maggio 1981 ) , un misero disegno di legge in materia con finalità revisionistiche in senso restrittivo .
Una via , quella referendaria , che va intrapresa con la finalità di superare quegli ostacoli che si frappongono alla traduzione in voto abrogativo del forte , crescente dissenso di merito che circonda la legge in oggetto .
Come ho già ricordato , in particolare , in base ad un sondaggio Eurispes ( istituto sulla cui attendibilità nessuno può sollevare dubbi ) del 2006 :
-il 73,7% degli italiani non condivide la liceità dell’interruzione volontaria di gravidanza per mere ragioni economiche , morali e familiari , come previsto dall’art. 4 della 194 per i primi 90 giorni ;
-il 78% dei nostri connazionali ritiene del tutto ingiustificato che la decisione abortiva possa essere assunta solo dalla donna , senza che il padre ( anche se marito della stessa ) abbia il diritto neppure di essere informato della decisione , in linea , come or ora ricordato , con quanto dispone l’art. 5 della legge medesima .
Una legge in forza della quale si può introdurre in commercio una pillola abortiva ( la Ru 486 ) , relegando tale introduzione a mera operazione di competenza non del Parlamento ( in quanto la legge già esiste ) ma di una commissione farmacologica .
Ed una legge per contrapporsi efficacemente alla quale occorre scongiurare e respingere qualsiasi tentativo di strumentalizzazione , diretto a configurare l’iniziativa referendaria come oltranzista ed illiberale , quasi fosse una crociata fuori dal tempo .
E’ proprio il liberalismo ( alla pari del cristianesimo ) che ci insegna a difendere i soggetti più deboli ( a garanzia dei quali deve operare uno Stato di diritto , che pone la legge al di sopra di tutte le istituzioni ) ed a reagire ai soprusi compiuti contro gli stessi .
E’ proprio il liberalismo ( alla pari del cristianesimo ) che , come detto , indica nella vita un diritto naturale ed inviolabile .
Ed è proprio il liberalismo ( alla pari del cristianesimo ) che pone l’individuo , con la sua dignità , al centro della società , contro ogni sopraffazione , riduzione in schiavitù e , anzitutto , contro ogni tentativo di sua soppressione .
In tale ottica , la fede cattolica favorisce senz’altro una corretta comprensione del fenomeno abortivo , illuminando le nostre menti e consentendoci , tra l’altro , di cogliere nitidamente le contraddizioni della normativa che lo disciplina ( ammettendolo di fatto indiscriminatamente ) con gli stessi princìpi di fondo del liberalismo .
Non a caso le normative più restrittive vigenti in materia sono state adottate da nazioni di tradizione cattolica ( come evidenziato in dettaglio nel mio articolo pubblicato nel numero del 31-1-2010 su www.lariscossacristiana.com ) .
Ma ( nel rispetto delle specifiche posizioni individuali ) i princìpi e le argomentazioni della nostra battaglia non possono essere considerati di per sé frutto della rigida ed acritica adesione ad una dottrina religiosa , bensì stanno più in generale alla base della nostra civiltà .
Una conclusione che è , del resto , in linea con le tesi sostenute in questi decenni dalle menti più illuminate del cosiddetto pensiero laico .
Avv. Pietro Guerini
(articolo apparso su www.riscossacristiana.it il 31 Luglio 2010)