NUOVO REFERENDUM ABROGATIVO DELLA L. 194 : ABORTO E QUESTIONE DEMOGRAFICA

Il nostro paese si colloca al 219° posto su 221 al mondo come tasso di natalità , in base ai dati più recenti , aggiornati al 1 gennaio 2009 e relativi all’anno 2008  .

Un tasso , in particolare , pari a 8,18 nati ogni mille abitanti .

L’Italia si colloca all’ultimo posto a livello europeo ( nel 2009 la fecondità nazionale è stata di 1,41 figli per donna , molto al di sotto della soglia di 2,1 che permette la costanza della popolazione ) , di poco preceduta dalla Germania .

Al primo posto della classifica continentale per tasso di natalità troviamo l’Irlanda .

Il paese delle Americhe meno prolifico è il Canada ( 191° posto ) .

La nazione più feconda ( 53sima ) tra quelle Sudamericane è il Paraguay .

Come si può notare , la diverse tendenze non dipendono da fattori latitudinari .

Si potrebbe teorizzare la decisiva incidenza di fattori economici .

La tesi , ovviamente , non è del tutto infondata , se è vero che agli ultimi due posti troviamo Giappone e Hong Kong e che la classifica è dominata dai paesi africani , con l’inserimento al quarto posto dell’Afghanistan .

Il fattore economico , peraltro , produce effetti anche di segno opposto , legati al fenomeno dell’immigrazione e non solo .

Non si spiegherebbe altrimenti il boom demografico italiano ( strettamente autoctono ) degli anni sessanta , contestuale al boom economico .

In buona sostanza , la tendenza alla proliferazione non appare decisivamente condizionata dalle condizioni economiche di un paese , in quanto essa può essere non solo inversamente , ma anche direttamente proporzionale alla prosperità dello stesso .

Esclusa la rilevanza decisiva di fattori latitudinari ed economici , credo si possa sostenere l’importanza del ruolo assunto dalle ragioni culturali , religiose e legislative .

La mentalità di un popolo , condizionata pure da convinzioni religiose , si esprime anche sotto il profilo demografico .

Sul piano legislativo , le politiche sociali adottate dai singoli governi producono sicuramente degli effetti sulla natalità .

Un esempio virtuoso è rappresentato dalla Francia , secondo paese dell’UE nella graduatoria in oggetto , non solo a seguito dell’alto tasso di immigrazione che la riguarda , ma anche per la sensibilità dei governi locali sul tema , essendo pacifico che i sussidi statali rappresentano un incentivo alla procreazione .

Ma l’incidenza legislativa demograficamente rilevante non si limita alle politiche sociali , interessando anche il fenomeno dell’aborto .

Taluni , peraltro solo su determinate problematiche , tra cui quella dell’interruzione volontaria di gravidanza , teorizzano una concezione dello Stato riduttiva , asseritamente moderna , secondo la quale esso dovrebbe solo prendere atto delle tendenze anche di comodo presenti nella società , senza affermare principi che potrebbero essere percepiti come invasivi , se non oppressivi .

Lo Stato come un notaio dovrebbe limitarsi a registrare le volontà dei presenti , mediando le singole istanze con la diligenza ed il buon senso del padre di famiglia .

In caso contrario , esso si configurerebbe come un despota , autoritario ed etico .

Non solo , ma come ricordato , la terza carica del nostro Stato , Presidente di uno dei due rami del Parlamento , illuminato dal più vivido laicismo , ha cercato più volte di farci comprendere come le leggi non debbano recepire princìpi o precetti religiosi ( cfr per tutti il discorso pronunciato a Monopoli 13-5-2009 ) .

Il che significa che un parlamentare cattolico dovrebbe spogliarsi delle proprie convinzioni religiose nell’atto di legiferare , al fine di svolgere rettamente il suo dovere di fronte al proprio paese .

Ora , tale concezione è , anzitutto , contraddittoria , tanto da essere , per l’appunto , affermata solo con riferimento ad alcune tematiche , come quella abortiva .

Non si spiegherebbero altrimenti ( se non con tale contraddittorietà ) le copiose prescrizioni normative che vengono emesse nei campi più disparati , quali espressioni ( più che legittime ) dell’autorità statuale .            

Le imposizioni fiscali non sono frutto di una trattativa svoltasi in concreto tra Stato e cittadino , in quanto il contribuente è destinatario di unilaterali disposizioni provenienti dall’autorità .

In secondo luogo , in taluni casi la concertazione è addirittura impossibile in astratto .

E’ proprio il caso della legislazione abortista , risultante di un dibattito svoltosi in assenza della parte vittima dell’interruzione volontaria di gravidanza .

E , tra l’altro , chi nel nostro paese , confutando e denunciando tale normativa , invoca il rispetto di elementari principi di civiltà se non direttamente religiosi , tende ad essere considerato un ottuso seguace di regole parasuperstiziose che ha delegato la propria funzione intellettiva al Vaticano .

In realtà , lo Stato , nel momento stesso in cui emana un precetto normativo , svolge implicitamente una funzione educativa e pedagogica , preclusa solo in una comunità anarchica .

Lo Stato indica al cittadino ciò che può e non può fare , ciò che deve e non deve fare , esattamente come una confessione religiosa , anche se la portata delle sue disposizioni opera in un ambìto parzialmente differente .

Parzialmente , perché , per ricorrere ad un esempio banale , l’art. 624 c.c. , con il quale si persegue il reato di furto , coincide addirittura con un comandamento .  

E a considerazioni non del tutto differenti ( per usare una formula il più possibile ecumenica ) porta la disciplina abortista , che peraltro attiene alla vita umana e non alla mera tutela del patrimonio .

Ecco che le scelte politico-legislative incidono anche sulle caratteristiche demografiche di un paese e ciò non solo mediante interventi di carattere assistenziale , ma pure con disposizioni attinenti alla condizione dei concepiti .

Disposizioni con le quali ( come avviene di regola ) lo Stato , almeno implicitamente , afferma principi ai quali i cittadini debbono attenersi .

Non è certo un caso che Irlanda e Paraguay , in base alla statistica sopra evocata al vertice nei rispettivi continenti come tasso di natalità , hanno adottato una legislazione particolarmente restrittiva in materia abortista , tanto da essere collocabili nella seconda fascia ( su otto ) secondo la classificazione effettuata nel pezzo pubblicato nel numero del 31-1-2010 , in quanto l’interruzione volontaria di gravidanza viene considerata legale in quegli ordinamenti giuridici solo in caso di pericolo di vita della madre .

La nostra legislazione , all’opposto , come noto prevede :

a ) che la gravidanza possa essere legalmente interrotta nei primi 90 giorni anche per mere ragioni economiche , morali e sociali ( art. 4 L. 194/78 ) ;

b ) che la decisione possa essere assunta dalla donna unilateralmente , anche all’insaputa del potenziale padre , persino se coniugato con essa ( art. 5 della legge medesima ) .

Una disciplina resa possibile dalla mancata previsione da parte dei costituenti e dei legislatori successivi :

a ) di un diritto alla nascita , che avrebbe dovuto essere inserito tra quelli inviolabili di cui all’art. 2 della Carta e che avrebbe legittimato e legittimerebbe un intervento della Corte Costituzionale avverso la 194 e leggi analoghe ;

b ) di un diritto di veto ( vincolante e ripetibile , a differenza della facoltà generale riconosciuta dall’art. 74 Cost. ) da parte del Presidente della Repubblica nei confronti di leggi contrarie ai diritti dei non elettori , soggetti dal cui consenso i Parlamentari non dipendono , ed ispirate agli interessi di comodo degli elettori .

Ed una disciplina da travolgere necessariamente per via referendaria , stante l’inerzia del nostro Parlamento , che ha implicitamente dimostrato una grossa sensibilità verso gli interessi di comodo degli elettori e nessuna considerazione nei riguardi degli interessi vitali dei concepiti , che elettori non sono .

Via referendaria che si è invocata dopo un trentennio con quell’articolo apparso il 18-7-2009 su www.ladestrabergamo.it , che ci ha gentilmente ospitato , a cui è seguita il 28-9-2009 la costituzione del sito www.no194.org , il primo sorto in Italia con quello scopo dopo il primo referendum del lontano 1981 .

Tale invocazione è frutto non solo della consapevolezza dell’esclusività formale dello strumento referendario in ottica abrogativa , ma anche delle differenti e più favorevoli condizioni rispetto ad un trentennio fa , già per la progressiva emancipazione del cittadino dalle rigide direttive di partito e per il mutato quadro politico .

Non a caso , in base ad un sondaggio Eurispes del 2006 :

-il 73,7% degli italiani si è dichiarato contrario alla legalizzazione dell’aborto nei primi 90 giorni di gravidanza per mere ragioni economiche , morali e sociali ( in contrasto con il citato art. 4 della L. 194 ) ;

-il 78% dei nostri connazionali ha espresso il proprio dissenso circa l’esclusività della decisione abortiva riconosciuta in capo alla donna dalla disposizione successiva ( art. 5 ) .

Ecco che l’iniziativa da noi intrapresa è senz’altro , in primo luogo , finalizzata ad affermare il diritto di nascere , offrendo tutela agli ultimi .

Non solo , ma attraverso di essa si vuol preventivamente far sorgere un effettivo dibattito attorno al tema dell’aborto , sul quale è calata una cappa di silenzio da un trentennio , sporadicamente interrotta da sterili dibattiti tra chi difende il presunto sacro ed inviolabile diritto di scelta della donna di interrompere la gravidanza e chi denuncia l’aborto ma ritiene altrettanto sacra la legge che sancisce tale diritto , opponendosi a qualsiasi tentativo di effettiva abrogazione o di semplice revisione .   

Ma , infine , considerato il numero di aborti legalmente effettuati in Italia dall’entrata in vigore della 194 ( ufficialmente quasi 5 milioni e mezzo , secondo i dati del Ministero della Salute ) , atteso l’insufficiente tasso nazionale di natalità , dimostrata la peraltro evidente incidenza della normativa in oggetto sullo sviluppo demografico di uno Stato ,  l’azione referendaria ( una volta esperita in concreto ) oggettivamente si muoverebbe pure nella direzione di dare un futuro al nostro paese .

Futuro al quale non dimostra di attribuire rilevanza uno Stato che non tutela la vita dei propri figli .

 

Avv. Pietro Guerini

(articolo apparso su www.riscossacristiana.it il 30 Novembre 2010)

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