NUOVO REFERENDUM ABROGATIVO DELLA L. 194 IN MATERIA DI ABORTO : LE FALSE QUESTIONI DEL PERICOLO DI VITA DELLA MADRE E DEL QUESITO MINIMALE , TRA TATTICISMO FINALIZZATO ALLA DESTABILIZZAZIONE E MERO RIVENDICAZIONISMO
Operiamo da tempo con un’organizzazione “ ad hoc “ , che ha oggi 13 000 iscritti ed è ben strutturata sul territorio , per cercare di abrogare per l’unica via possibile , quella referendaria , una legge che ha legalizzato l’aborto in Italia e un piccolo movimento dichiaratamente “ pro life “ agisce per danneggiarci al punto di cercare di provocare una scissione tra i nostri adepti , insistendo strumentalmente per la necessità di rettificare un quesito in senso palesemente incostituzionale , che raccoglierebbe poche migliaia di firme e che , comunque e in ogni caso , otterrebbe evidentemente il voto favorevole solo dell’1% dell’elettorato di sesso femminile .
Quanto è grande la tendenza del mondo cattolico a danneggiare la “ concorrenza “ ed a favorire i dichiarati nemici dei propri valori ( Pannella , Bonino etc ) ? .
Nei mesi scorsi abbiamo pubblicato le bozze dei quesiti referendari ( formulate , al fine di per renderle più leggibili , in forma affermativa e non in quella ufficiale , doverosamente negativa ) , uno massimale , uno minimale a cui potrebbe aggiungersene un secondo .
I quesiti non hanno ricevuto censure di sorta da parte degli iscritti , censure precluse anche dalla assoluta chiarezza del manifesto dell’iniziativa , da me redatto e riportato sui siti www.no194.org e www.no194.it ( quelli ufficiali dell’associazione no194 e dell’omonimo comitato no194 ) ed espressamente richiamato nel modulo di adesione .
In tale testo , si affermano due princìpi di fondo , accomunati dall’elemento della concretezza .
1 ) Il carattere abrogativo , referendario e non negoziabile dell’operazione , a rigetto di qualsiasi forma di relativismo etico e di enunciazione di princìpi fine a se stessa :
– al primo periodo :“ La presente iniziativa non è finalizzata alla semplice denuncia del fenomeno dell’aborto o alla mera critica culturale alla l. 194/1978 che lo disciplina nel nostro ordinamento , ma è diretta all’abrogazione di tale legge per via referendaria , in coerenza con la piena consapevolezza che la vita di ciascuno di noi è stata resa possibile dalla ricorrenza di due condizioni : il concepimento e l’assenza di eventi letali durante la gravidanza , tra i quali la sua interruzione volontaria è quello casisticamente di gran lunga più ricorrente ;
-ai periodi cinque e sei : “L’iniziativa è solo finalizzata all’abrogazione della legge ( dall’entrata in vigore della quale si sono registrati oltre 5 milioni di aborti , secondo i dati ufficiali del Ministero della Salute ) e rigetta ogni ipotesi di trattativa , che sarebbe inconcepibilmente effettuata sulla pelle del nostro prossimo .
Di conseguenza , possibili effetti legislativi dell’operazione in oggetto restrittivi sulla portata della 194 ( ed intermedi rispetto all’obiettivo indicato ) , sarebbero frutto di una ( tra l’altro ad oggi del tutto improbabile ) azione parlamentare totalmente unilaterale e non concordata con i promotori del referendum “ .
2 ) La finalità di conseguire un risultato effettivo nel nostro ordinamento , il che implica la consapevolezza degli istituti e dei princìpi che lo caratterizzano :
Così si precisa al secondo , terzo e quarto periodo :
“ Una via , quella referendaria , obbligatoria ( alla luce della totale indifferenza della nostra classe parlamentare , che in oltre un trentennio dall’entrata in vigore della 194 si è astenuta da una sua semplice revisione in senso restrittivo ) e perfettamente percorribile , considerato l’abbondante decorso del quinquennio previsto dalla normativa vigente dal primo referendum del 1981 , svoltosi in un clima politico-culturale ben diverso da quello attuale .
Piuttosto , alla luce del pericolo di una ( peraltro infondata ) censura da parte della Consulta , i quesiti referendari avranno essenzialmente come oggetto le norme più significative della legge , che si aggiungeranno così al quesito sull’abrogazione totale della legge .
Tra le disposizioni più controverse ed impopolari della 194 , in particolare ed anzitutto , debbono annoverarsi l’art. 4 ( che riconosce il diritto di interruzione volontaria della gravidanza anche per mere ragioni economiche , morali e sociali nei primi 90 giorni ) e l’art. 5 ( che attribuisce alla donna, anche se coniugata, il diritto di assumere la decisione abortiva senza coinvolgere il potenziale padre , che può così legalmente rimanere del tutto ignaro dell’evento ) .
Già dal primo periodo , si prospetta in modo assolutamente pacifico :
a ) la proposizione di un quesito sull’abrogazione totale della legge ;
b ) che , alla luce del pericolo di una ( peraltro infondata nel merito ) censura da parte del Consulta , i quesiti referendari avranno essenzialmente come oggetto le norme più significative della legge , fermo restando il quesito abrogativo totale ( cosiddetto massimale ) .
Ecco che sin dal manifesto sono state esplicitate la necessità di scongiurare la tutt’altro che remota mancata ammissibilità del quesito massimale e di prospettare , proprio e solo a fronte di tale pericolo , di uno o più quesiti minimali .
Non è un caso che le poche obiezioni nel campo abrogazionista che sono state sollevate a riguardo delle bozze di quesiti da noi pubblicate , obiezioni che riguardano proprio questi due punti , siano pervenute dall’esterno , quindi , non dai nostri aderenti , già consapevoli della portata dell’iniziativa dalla lettura del manifesto , approvato in sede di adesione o consultabile dopo la stessa sul sito .
Esiste una piccola area di abrogazionismo che non ha condiviso la nostra iniziativa , per due categorie ragioni .
Taluni sono sì abolizionisti , ma credono che gli effetti abrogativi sulla 194 possano discendere da un intervento parlamentare .
Il che è possibile senz’altro , ma solo e meramente in astratto , visto l’orientamento delle due camere , nelle quali , in questo trentennio non è stato depositato un solo disegno di legge a mera rettifica della normativa in oggetto .
Non occorre essere laureati in psicologia o in scienze politiche ma solo conoscere la storia per comprendere che i parlamentari non hanno alcuna sensibilità verso gli interessi vitali dei concepiti ed una grossa sensibilità verso gli interessi di comodo degli elettori , dal cui consenso essi dipendono .
Altri , si registrano pochissimi casi isolati , lo sono abrogazionisti e anche in senso referendario , ma hanno opposto ragioni di carattere formale , per l’appunto legate alla formulazione dei quesiti , che appaiono analogamente caratterizzate dalla pura astrattezza , svincolate dai dettami del nostro ordinamento giuridico e tali da sfociare nel mero rivendicazionismo se formulate in buona fede , ferme restando , in caso contrario , quelle ragioni tatticistiche che possono ispirare gruppi o singoli che intendano destabilizzare dall’interno la nostra organizzazione , con il fine di far fallire il referendum , rivolgendosi alla pancia dei nostri aderenti più radicali e , secondo regola generale , meglio disposti percentualmente alla militanza .
A tal riguardo si segnala già l’operato anche di qualche infiltrato nelle nostre realtà locali , immancabilmente legato a poche persone ( interne al cosiddetto pro life nazionale ) a noi ben note e agevolmente identificabile in una realtà , purtroppo , sino ad oggi assai poco frequentata .
Interventi che si aggiungono a quello comparso sul web nei giorni scorsi di un convertito al pro life soft che avrebbe voluto costituire un esempio di revoca di dissidenza , rimasto senza emuli , se non forse tra chi già era a noi esterno o era stato rispedito al mittente nella sua qualità di malcelato infiltrato .
A ) QUESITO MASSIMALE
Tale quesito verrebbe formulato in senso sostanzialmente massimale , lasciando sopravvivere gli artt. 17,18 e 19 ( che sono sanzionatori per quei pochi casi di aborto che avvengono in violazione della stessa 194 ) e l’art. 6 a ) , la norma che consente l’interruzione volontaria di gravidanza nel caso che il protrarsi della stessa implichi il pericolo di vita della madre .
Verrebbero in tal modo fatti salvi i due discutibili princìpi affermati dalla consulta nella recente sentenza n. 13 del 2012 , con la quale sono stati rigettati i quesiti del referendum elettorale di matrice Dipietrista , che hanno sottolineato :
a ) l’inammissibilità di una reviviscenza di una legge ( abrogata , quali le incriminazioni del codice penale ) anteriore rispetto a quella oggetto di referendum ;
b ) la necessità che , dall’astratta abrogazione della legge , sia configurabile una normativa cosiddetta “ di risulta “ , quindi residua e tale da poter sopravvivere autonomamente ed essere immediatamente applicabile , regolando la materia .
Orbene , il radicalismo di qualche giurista sta censurando la circostanza che si possa lasciar sopravvivere questa norma , facendo sorgere fondati dubbi o sulla preparazione giuridica dello stesso o sulla sua buona fede .
Una conclusione a cui si giunge sulla base di queste semplici considerazioni , tre di diritto , tre di merito .
a ) Come noto la donna che si trovi in quelle condizioni già prima del 1978 , poteva avvalersi della causa di giustificazione generale dell’art. 54 c.p. ( stato di necessità , una scriminante come , ad esempio , la ben più nota legittima difesa ) , tuttora vigente e di fatto non abrogabile .
Quindi chiedere all’elettore di abrogare una norma la cui abrogazione non determinerebbe alcun effetto non ha significato : la fattispecie non sarebbe comunque punibile .
b ) La Corte costituzionale ha censurato in più casi i referendum totalmente abrogativi ( es. sulla legge 40 ) , in quanto determinerebbero un vuoto normativo : lasciar sopravvivere i soli articoli sanzionatori ( per chiedere l’abolizione di una norma inutile perché non abrogabile nella sostanza ) ci esporrebbe ad una pronuncia di questo tipo , stante la non reviviscenza della vecchia disciplina prevista dal codice penale , in base al citato orientamento della Consulta , formulato in occasione della bocciatura dei recenti quesiti sui referendum elettorali sulla preferenza .
E’ chiaro che la Corte valuta la costituzionalità di un quesito in rapporto alla norma che si vuole abrogare e al netto della ricorrenza di scriminanti ( come quella di cui all’art. 54 c.p. ) che possano intervenire e il cui contenuto , tra l’altro , si connota in conseguenza di interventi giurisprudenziali .
c ) Anche a voler concedere , è davvero un mistero come si possa ritenere che la Corte , già definita da alcuni , non dal sottoscritto , come un organo politico più che giuridico , condizionato dall’orientamento generale del potere parlamentare , possa ritenere compatibile con l’art. 32 della costituzione , che tutela il diritto alla salute ( che essa considera come diritto alla salute della donna, non essendo certo ritenuta rilevante quella del concepito , altrimenti la 194 non sarebbe stata più volte ritenuta da costituzionale da tale organo ) , un quesito che contempla il legittimo decesso di una donna qualora sia in stato di gravidanza .
d ) Passando alle argomentazioni di merito , non occorre essere geniali per comprendere che l’allargamento del quesito a questa ipotesi estrema susciterebbe reazioni molto negative da parte di numerose nostre stesse iscritte ( alcune delle quali mi hanno chiesto espressamente garanzie in questo senso al momento di comunicare la loro adesione ) , non entusiaste dell’idea che il loro partner possa decidere che in fondo, qualora rischiassero di decedere portando a termine la gravidanza, la loro morte non sarebbe cosa grave , essenziale essendo solo la nascita del loro figlio .
In effetti , se la Vita è sacra credo che non si possa comprendere per quale motivo non lo sia quella di una donna incinta .
E anche qualora la figura femminile potesse essere identificabile con quella di una macchina riproduttiva , sarebbe evidente che la rottamazione della macchina porterebbe a conseguenze negative sul piano della procreazione futura .
Va sottolineato che pure di recente i vescovi irlandesi ( sottolineo irlandesi ) hanno ricordato in una nota che la Chiesa afferma come la vita di un bimbo e quella della madre siano parimenti sacre .
È giudicato moralmente lecito un intervento che per salvare la donna metta a repentaglio la sopravvivenza del figlio, a patto che si tratti di un effetto collaterale non voluto e che si faccia comunque il possibile per salvarli entrambi .
Esattamente la nostra posizione .
e ) Di contro , l’allargamento del quesito nei sensi di cui sopra susciterebbe l’entusiasmo dei difensori della legge , increduli di un regalo di questa portata .
Essi potrebbero incentrare su questo caso estremo la loro campagna antireferendaria , convincendo le elettrici , che nulla sanno dell’art. 54 c.p. , che riterremmo la loro esistenza subordinabile al venir meno di quella fattispecie .
Una prospettiva davvero suicida , che ci limitiamo a definire non del tutto giustificabile neppure dal punto di vista ideale .
Se siamo tutti concordi nel definire le varie Gianna Beretta Molla delle eroine , che hanno pagato con la loro vita l’amore verso il proprio figlio , è mai possibile che un atto di eroismo , frutto per antonomasia di una scelta individuale , possa essere imposto per legge ?
f ) Infine , va ricordato che dal punto di vista statistico l’ipotesi di decesso qui contemplata è a dir poco remota , tanto più alla luce dei progressi della medicina .
Un’applicazione rigorosa della legge , quindi , non potrebbe giustificare l’aborto se non in ipotesi estreme e rarissime .
Ritenere che si apra uno squarcio nella legge ( tesi sostenuta dai pro life più radicali anche in materia di procreazione assistita e di eutanasia ) è totalmente fuori luogo ( il 95% degli aborti viene richiesto nei primi 90 gg di gravidanza da donne che stanno benissimo , da lì al pericolo di vita c’è una sproporzione abissale ) , ragionando a tale stregua qualunque situazione di fatto potrebbe essere manipolabile in sede di suo accertamento per portare a qualsiasi risultato .
B ) I quesiti minimali possibili ed efficaci per i nostri fini sostanziali sono molteplici .
Quello da me elaborato è identico al massimale con la sola eccezione del riferimento ai casi di cui alla lettera b dell’art. 6 , con cui comunque si estenderebbero ai primi 90 giorni di gravidanza le più rigorose condizioni previste dal tale articolo , ed al primo e terzo comma dell’art. 7 che si renderebbero necessari per l’accertamento delle condizioni dell’articolo precedente , con limiti nell’ipotesi di vita autonoma del feto , che rende praticabile l’aborto solo nel caso della lettera a ) .
Quindi , non più aborto libero , neppure nei primi 3 mesi di gestazione .
Un testo , peraltro , proposto solo al fine di evitare che il nostro sforzo ( e posso parlare in prima persona nel definirlo quanto meno notevole , pur nella consapevolezza se nessuno mi ha obbligato ad affrontarlo ) cada nel nulla ( consentendoci di ottenere almeno un risultato parziale , significativo sul piano giuridico e culturale ) , a seguito dell’eventuale censura della Consulta in ordine al citato contrasto del quesito massimale con l’art. 32 della costituzione , che tutela il generale diritto alla salute , che sarebbe naturalmente considerato con riferimento alla potenziale madre e non al concepito .
Una censura totalmente non condivisibile nel merito , perché l’aborto non è mai terapeutico , ma sempre possibile e quindi da non ignorare .
Come abbiamo chiarito presentando i quesiti e come da manifesto , dunque la richiesta di abrogazione è totale e solo in subordine abrogazioni parziali , che , se accolte , rappresenterebbero comunque i presupposti sostanziali e culturali ( per una volta usiamo anche noi tale termine , spesso utilizzato con frequenza da chi intende nobilitare la propria inefficienza ) per il totale annientamento di una legge che sarebbe ad oggi precluso da ostacoli oggettivi frapposti dalle istituzioni ( come detto , dalla Corte Costituzionale ) , che ci potrebbero costringere ad una abolizione della legge in più fasi .
Dopo la vittoria nel referendum sul quesito minimale , potremmo riproporre il massimale dopo i 5 anni di legge , confidando in una differente pronuncia della Consulta , che altri definiscono organo non solo giuridico ma sensibile agli orientamenti dell’opinione pubblica , proprio conseguente a quella vittoria .
Altro sarebbe , ovviamente , limitare la propria azione volontariamente ed a seguito di un accordo con il potere politico-parlamentare ( che talvolta propone ai comitati referendari una modifica legislativa a parziale accoglimento dei quesiti dietro la rinuncia alla loro azione ) , che sarebbe frutto di una trattativa ignobilmente condotta sulla pelle del nostro prossimo .
Un conto è la scelta , un conto è l’imposizione dell’autorità , da cui discende un oggettivo ostacolo .
Non si può ignorare o abrogare un’irrevocabile decisione della Consulta , questa è la realtà nel nostro ordinamento .
Tra l’altro questa posizione non può essere censurata neppure appellandosi al rispetto formale dei princìpi cattolici più rigorosi , a cui tanti tra di noi si ispirano .
Chi ha dichiarato testualmente quando non fosse possibile scongiurare o abrogare completamente una legge abortista, un parlamentare, la cui personale assoluta opposizione all’aborto fosse chiara e a tutti nota, potrebbe lecitamente offrire il proprio sostegno a proposte mirate a limitare i danni di una tale legge e a diminuirne gli effetti negativi sul piano della cultura e della moralità pubblica. Così facendo, infatti, non si attua una collaborazione illecita a una legge ingiusta; piuttosto si compie un legittimo e doveroso tentativo di limitarne gli aspetti iniqui ?
Addirittura Giovanni Paolo II nella Evangelium Vitae ( punto 73 ) .
Nulla , dunque , giustifica una presa di posizione così prescindente dalla realtà giuridica in cui ci moviamo , neppure l’adesione pura ed astratta ai princìpi che si fondano sula legge di Dio , rendendosi ben conto anche il Sommo Pontefice ( e che sommo Pontefice , mi sia consentito ) che un princìpio va affermato in una realtà concreta .
Non può un cittadino italiano ( tanto più un giurista ) che voglia difendere anche nel modo più rigoroso , come noi cerchiamo di fare , quei princìpi , sia pur configurati nell’ambito di un’operazione con una chiara connotazione razional-giuridica , operare ignorando l’esistenza delle istituzioni , compresa la Corte Costituzionale .
E un ulteriore ipotetico testo minimale , lo ribadiamo , troverebbe la sua giustificazione solo nei vincoli formali imposti dalla Consulta .
Augurando buone feste , e ricordando per l’ennesima volta a chi è dotato di intelletto che le mie considerazioni critiche verso la marcia della Vita non sono dirette a negarne la qualità organizzativa o la potenziale forza aggregatrice ma solo a contestarne l’esplicita matrice abrogazionista , esclusa dalle dichiarazioni relativiste formulate per iscritto dal suo artefice ufficiale , invito sin d’ora tutti i pro life abrogazionisti ( quindi gli antiabortisti , come da vocabolario ) a partecipare alla “12 ore per la vita“ ( da noi organizzata in collaborazione con un’associazione nostra alleata , che ha aderito con tutti i suoi effettivi a NO194 ) che inizierà dalle ore 9 del 5-1-2013 all’esterno di 6 ospedali italiani (S. Anna di Torino , Corso Spezia 60 , Mangiagalli di Milano , Via della Commenda 12 , Civile di Padova , Via Giustiniani 2 , Umberto I di Roma , Viale del Policlinico 165 , S. Anna di Caserta , Via Roma 124 , Garibaldi-Nesima di Catania , Via Palermo 636) .
Pietro Guerini – Portavoce nazionale NO194
Pubblicato , tra gli altri , da www.pontifex.roma.it il 22 dicembre 2012