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NUOVO REFERENDUM ABROGATIVO DELLA L. 194 : ABORTO ED EUTANASIA

S’intende per eutanasia la morte provocata , in forma attiva ( attraverso la somministrazione di farmaci ) o passiva ( mediante l’interruzione o l’omissione di un trattamento medico necessario per la sopravvivenza ) , volontariamente ( allorché segue ad una richiesta esplicita dell’interessato capace di intendere e di volere o mediante testamento biologico ) o non volontariamente ( quando la decisione viene assunta da soggetto espressamente designato a decidere per conto di un individuo in stato di incoscienza o incapacità mentale tale da precludere una scelta consapevole ) . 

Sotto il profilo legislativo nazionale , non possono considerarsi eutanasia né la terapia del dolore (ravvisabile nell’ipotesi che il medico intenda alleviare le sofferenze del paziente mediante la somministrazione di analgesici ) , né il rifiuto dell’accanimento terapeutico ( che si ha allorché il medico , nei casi di morte ritenuta imminente e inevitabile , interrompe o rifiuta cure ritenute gravose o inutili ) , né la cessazione delle cure dopo la diagnosi di morte cerebrale .

Premetto doverosamente che la trattazione del tema impone un enorme rispetto nei confronti dei drammi vissuti dagli interessati e dai rispettivi parenti .   

Personalmente , dal punto di vista morale , valuto negativamente ogni forma di eutanasia , attiva e passiva , volontaria e non , ancorché esse vadano distinte nettamente sotto il profilo giuridico .

Quanto all’eutanasia passiva e volontaria , essa è equiparabile ad ogni effetto al suicidio .

Suicidio che , con riferimento al diretto interessato , non è punibile giuridicamente nell’unica ipotesi in cui ciò astrattamente potrebbe avvenire , vale a dire nel caso del tentativo ( ovviamente , non si può punire un suicida ) .

In tale tipo di eutanasia vengono impropriamente fatti rientrare casi in cui il paziente non sia competente sul piano cognitivo per poter prendere la decisione o in cui egli non abbia un’adeguata comprensione delle opzioni e delle loro conseguenze .

A favore dell’eutanasia passiva e volontaria si sostiene generalmente che la libertà del singolo deve comprendere la disposizione della propria vita , a cui nessuno potrebbe sostituirsi . 

Conformemente a tale principio , l’art. 32 della Costituzione sottolinea come “ nessuno possa essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge “ , ciò anche se è indispensabile per la sua sopravvivenza . 

Circa l’eutanasia non volontaria e/o attiva , è evidente la sua equiparabilità all’omicidio .

Figura nella quale , anzitutto , è già riconducibile il suicidio assistito , che si ha allorché al suicida vengano forniti i mezzi e le competenze necessari per porre in essere il gesto estremo , condotta che integra il reato di istigazione o aiuto al suicidio , previsto e punito dall’art. 580 c.p ( che implica una pena edittale dai 5 ai 12 anni ) .

Il nostro ordinamento prevede , poi , la specifica e più grave incriminazione per l’omicidio del consenziente ( di cui all’art. 579 c.p. , punito con una pena edittale dai 6 ai 15 anni ) , reato minore rispetto all’omicidio doloso puro e semplice ( art. 575 c.p. ) .

Delitto , questo , del quale , peraltro , risponde colui che abbia commesso il fatto contro un minore o un incapace o un soggetto il cui consenso sia stato estorto con inganno , violenza , minaccia o suggestione .   

Ritengo che un’interpretazione restrittiva della equiparabilità citata tra eutanasia non volontaria e/o attiva e omicidio non sia giustificabile .

Credo , anche in conformità della versione originale del giuramento di Ippocrate , che occorra mettere in primo piano la vita del paziente e , quindi , anche il ricorso alla ragionevole sperimentazione di nuovi trattamenti ed a cure palliative .

Giustificabile può essere l’uso di analgesici , per trattare il dolore , anche qualora comportino , come effetto secondario e non desiderato , l’accorciamento della vita del paziente e la sospensione , dietro richiesta del paziente , di procedure mediche che risultino onerose , pericolose , straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi , vale a dire che configurino accanimento terapeutico .  Una posizione , questa , confermata peraltro dai paragrafi 2277 , 2278 , 2279 del Catechismo .

Ma , in ogni caso , le cure ordinariamente dovute all’ammalato , come l’idratazione e la nutrizione artificiale , non possono essere sospese qualora si preveda come conseguenza la morte del paziente per fame e per sete .

Il che configura una vera e propria eutanasia per omissione .

Come noto , a seguito della richiesta di Eluana Englaro di sospendere ogni terapia , un decreto della Corte d’appello di Milano , confermato in Cassazione , ha stabilito l’interruzione del trattamento di sostegno vitale artificiale realizzato mediante alimentazione e idratazione , impartendo disposizioni accessorie circa il protocollo da seguire nell’attuazione dell’interruzione del trattamento .

Tra queste , oltre la sospensione dell’erogazione di presidi medici collaterali , anche la somministrazione di sedativi e antiepilettici .  

Il caso Englaro deve ritenersi un caso scolastico di come la decisione circa l’esistenza in vita di un essere umano possa essere incredibilmente delegata a terzi .

In assenza , tra l’altro , di scritti di provenienza della povera Eluana , si è attribuito carattere legittimo alla decisione del padre dell’interessata , eletto non a caso a “ padre ideale “ dall’attuale Presidente della Camera , massimo esponente dell’ateismo militante nazionale .

Tale princìpio è contrario alla sacralità della vita dal concepimento alla morte naturale ( proclamata sino ad un decennio fa dallo stesso Fini , allora già cinquantenne ) che costituisce , a mio avviso , un dogma assoluto ed il caposaldo di un paese realmente civile .

Dogma del quale l’attuale normativa in materia di aborto rappresenta un’analoga , gravissima violazione .

Analogamente , infatti , tale normativa delega ad un terzo il potere di decidere sulla vita di un altro individuo .

Di individuo si tratta , se è vero che ciascuno di noi esiste per la ricorrenza di due condizioni , il concepimento e l’assenza di eventi interruttivi della gravidanza , tra i quali l’interruzione volontaria della stessa rappresenta il caso nettamente più frequente sul piano casistico .      

Il terzo , nella fattispecie , è rappresentato dalla madre , alla quale viene attribuito il potere di decidere della vita del proprio figlio ( nella maggior parte dei casi , della propria figlia ) come se questi non fosse una persona , ma un oggetto di sua esclusiva proprietà .

A tale pacifica conclusione si giunge allorché si consideri che l’art. 4 della L. 194/78 consente alla donna di interrompere la gravidanza nei primi 90 giorni anche per mere ragioni economiche , morali e sociali e che l’articolo successivo attribuisce alla stessa il potere di coinvolgere nella sua decisione il padre solo se essa lo voglia , anche se coniugata .  

Una deriva che addirittura si rischia di estendere , attraverso interventi legislativi che potrebbero introdurre forme più o meno esplicite di eutanasia , nell’ambito di una progressiva relativizzazione del valore della vita , e che anzi va stroncata in radice , proprio nell’ottica di un recupero di tale valore ed in considerazione delle aberranti prospettive che tale via potrebbe implicare , giustificando la soppressione di ulteriori individui ritenuti non meritevoli di tutela .

Lo stessa normativa in materia di testamento biologico , per quanto ispirata a logiche anche condivisibili , s’incentra su una dichiarazione resa da un soggetto spesso in piena salute , che nulla può prevedere in ordine a come reagirebbe qualora la sua vita dovesse essere realmente in pericolo , tanto più se inconsapevole dei rimedi medici applicabili , a maggior ragione se inimmaginabili (perché intervenuti successivamente) al momento di quella (magari datata e mai aggiornata) dichiarazione .

Proprio l’esigenza di sottrarre la vita a decisioni in suo spregio che potessero essere assunte legalmente da terzi e di porre fine all’esistenza di un categoria giuridica di individui ritenuti non meritevoli di tutela ha ispirato la nuova iniziativa referendaria contro la 194 .

Iniziativa che ho introdotto il 18-7-2009 con la pubblicazione su www.ladestrabergamo.it dell’articolo che ho poi recepito nella prima delle tre parti del manifesto originario della stessa (riportato sul sito www.no194.org il 28-9-2009 , giorno della sua costituzione , ed allegato nel suo file storico al mio pezzo pubblicato nel numero del 31-1-2010 di questa rivista) .

Un’iniziativa che partiva dalla consapevolezza che la via abrogativa referendaria fosse ( come è ) l’unica praticabile per travolgere la legislazione abortista italiana , alla luce delle caratteristiche del nostro ordinamento .

Ciò considerati il pericolo ( in realtà sopravvalutato ) di impopolarità che presentano nuovi interventi legislativi anche solo restrittivi in materia agli occhi dei nostri parlamentari e la mancata previsione da parte dei costituenti e dei legislatori successivi :

a ) di un diritto alla nascita , che avrebbe dovuto essere inserito tra quelli inviolabili di cui all’art. 2 della Carta e che avrebbe legittimato e legittimerebbe un intervento della Corte Costituzionale avverso la 194 e leggi analoghe ;

b ) di un diritto di veto ( vincolante e ripetibile , a differenza della facoltà generale riconosciuta dall’art. 74 Cost. ) da parte del Presidente della Repubblica nei confronti di leggi contrarie ai diritti dei non elettori , soggetti dal cui consenso i Parlamentari non dipendono , ed ispirate agli interessi di comodo degli elettori .

Azione che trova oggi i presupposti per essere esercitata positivamente , stante , anzitutto , il mutato quadro politico rispetto alla lontana legislatura che partorì quella normativa , con i partiti di sinistra ( suoi accaniti sostenitori ) crollati da quasi il 50% al 32 % , in base ai dati dell’ultima consultazione nazionale generale ( quella rappresentata dalle elezioni europee del 2009 ) .

Una prospettiva rafforzata dalla pacifica e progressiva emancipazione dell’opinione pubblica dalle indicazioni delle forze politiche , assai considerate un trentennio fa .  

E non è un caso che in base ad un sondaggio Eurispes del 2006 :

-il 73,7% degli italiani non condivide che possa essere legalmente consentita l’interruzione volontaria della gravidanza nei primi 90 giorni per mere ragioni economiche , morali e sociali , come dispone il citato art. 4 della 194 ;

-il 78% dei nostri connazionali esprime il proprio dissenso al potere esclusivo in ordine alla decisione abortiva che l’art. 5 della legge conferisce alla donna , anche se coniugata .

La nuova operazione referendaria , dunque , va perseguita senz’altro con la coscienza delle difficoltà che discendono dall’ostilità ad essa della quasi totalità del sistema partitico , che si riflette nell’ambito parlamentare , ma anche con la consapevolezza delle potenzialità in termini di consenso di base di cui essa può usufruire .  

L’obiettivo deve inequivocabilmente essere quello di ottenere l’abrogazione di quella disciplina .

Ma tra i risultati intermedi , va sicuramente configurato il superamento del falso dibattito che ha caratterizzato questo trentennio , svolto tra coloro che difendono il diritto di scelta della madre e coloro che , incoerentemente , denunciano il fenomeno abortivo ( con finalità per lo più elettoralistiche ) , ma si oppongono ad una anche semplice revisione della 194 .

Quest’ultimo fronte rappresenta così un deleterio e fuorviante punto di riferimento per le fasce dell’opinione pubblica potenzialmente sensibili ad una politica abrogazionista , un punto di riferimento che produce effetti ben più dannosi rispetto a quelli riconducibili all’orientamento di segno opposto ( distinguibile nella sua dichiarata avversità ad un patrimonio di valori ispirato alla difesa della vita ) , in quanto induce la collettività tutta ad accettare lo “ status quo “ , a considerare l’attuale normativa come ineluttabile , definitiva ed intoccabile , più della Costituzione e dei comandamenti ( che pur per i cattolici dovrebbero avere un qualche significato ) . 

Occorre sostituire in tale puramente formale dibattito questo secondo presunto contraddittore con una reale controparte , dotata di un progetto concreto , serio e coerente con lo sdegno che esprime verso un fenomeno tragico come quello in oggetto .    

Il tutto in spregio all’inconcludenza ed all’enunciazione di tesi fine a se stessa , nella coscienza e convinzione della non negoziabilità della vita di un essere umano .   

Al di là del valore negativo che moralmente assume il suicidio in tutte le sue forme , che ciascuno giuridicamente possa decidere a riguardo solo della propria vita e che a ciascuno , per l’effetto , venga negato il diritto di poter decidere su quella altrui .

 

Avv. Pietro Guerini

(articolo apparso su www.riscossacristiana.it il 31 Ottobre 2010)

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NUOVO REFERENDUM ABROGATIVO DELLA L. 194 : ABORTO E LIBERALISMO

Nel dibattito sorto attorno alla 194 , i sostenitori di questa legge si sono frequentemente appellati al rispetto dei diritti civili , consacrati dal liberalismo .

Quante volte abbiamo udito Pannella ergersi a paladino di quei diritti ed annoverare tra le proprie vittorie a tutela degli stessi le normative sull’aborto , sul divorzio etc ? 

Il liberalismo è la dottrina che ha permeato la concezione moderna dello Stato , non a caso definito come Stato liberale , storicamente frutto del successo della borghesia contro i privilegi aristocratici tutelati dalle monarchie assolute , in un conflitto sviluppatosi a partire dalla fine del XVIII secolo .

L’affermazione dei principi fondamentali del liberalismo , peraltro , ha origini senz’altro anteriori e ( a scanso di equivoci sulla forma di Stato ) non repubblicane , se pensiamo che la prima monarchia costituzionale al mondo fu quella inglese , risalente alla fine del secolo precedente , e che essa attuava per la prima volta la tipica forma di governo del liberalismo classico . 

Tale dottrina , anzitutto , si caratterizza , da un lato , per la legittimazione della volontà popolare espressa in termini maggioritari ( anche se la sua traduzione sotto forma di democrazia fu lenta e graduale ) e , dall’altro , per il rispetto comunque delle minoranze .

Inoltre , attraverso di essa si riconoscono ed affermano le libertà individuali dei cittadini e l’eguaglianza di quest’ultimi tra di loro .

Un secolo prima della rivoluzione francese , il filosofo inglese John Locke fondava questo principio egalitario sulla teoria contrattualistica , secondo la quale nello Stato di natura tutti gli uomini sono uguali ed esercitano i propri diritti naturali .

Diritti naturali espressamente individuati in libertà , uguaglianza , proprietà e vita .   

E diritti che vennero sostanzialmente recepiti dalla cultura illuministica , cultura che taluni ( da più parti ) insistono nel contrapporre ai valori cristiani .

Un atteggiamento , questo , determinato , su un versante , dalla mortificazione della religione ad espressione di ignoranza oscurantista e , sul versante opposto , dall’enfatizzazione di meri fenomeni degenerativi dell’illuminismo .

Fenomeni , peraltro , non trascurabili , pensiamo al dispotismo illuminato di Voltaire , alla democrazia diretta ( non rappresentativa e non garantista verso le minoranze ) di Rousseau , alle implicazioni sanguinarie della rivoluzione francese ( che Popper poneva all’origine dei totalitarismi del 900 ) , all’ateistica assolutizzazione della ragione e dello scientismo .

In realtà ed in generale , la contrapposizione tra principi liberali e cristiani , a mio avviso , può essere ravvisata solo sulla base di visioni distorte di essi , al di là delle differenze esistenti tra le due culture ( si consideri , ad esempio , la particolare e maggiore sensibilità cristiana verso i corpi intermedi e i rapporti solidaristici ) .

Come si può non cogliere il carattere egalitario del messaggio cristiano , teso ad esaltare da duemila anni ( ben prima dell’avvento del liberalismo o dell’illuminismo ) l’uomo nella sua essenza , al di là della propria condizione ( sociale o altro ) ?

E come si può ritenere estranea al pensiero cristiano l’esaltazione della fratellanza tra gli uomini ?            

Ancora , come si può concepire in senso antilibertario una dottrina religiosa ( quella cattolica , in particolare ) che accompagna all’ovvia affermazione di precetti la centralità del libero arbitrio ?

La stessa laicità ( di cui tanto si straparla , come sottolineato in dettaglio nel mio pezzo allegato al numero del 31-3-2010 ) , che si considera diffusamente un corollario del liberalismo , si fonda su una separazione tra Stato e Chiesa che riprende quel “ Diamo a Cesare quel che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio “ proclamato addirittura da Gesù Cristo .     

Anche per questi motivi , quando il 18-7-2009 pubblicai su www.ladestrabergamo.it l’articolo da cui ha avuto origine l’iniziativa referendaria ( che ho poi recepito nella prima delle tre parti del manifesto originario della stessa , riportato sul sito www.no194.org il giorno della sua costituzione , il 28-9-2009 , ed allegato nel suo file storico al mio pezzo del numero del 31-1-2010 di questa rivista ) partivo da una visione fortemente critica della 194 e del fenomeno abortivo senz’altro agevolata dalla fede religiosa , ma non esaurita da essa .

Il mio approccio di fondo alla questione aborto ed alla normativa che lo disciplina è essenzialmente basato sui principi generali dell’ordinamento giuridico , non sui vangeli , sulle encicliche o su un comandamento ( “ Non uccidere “ ) , che non a caso non cito mai pur nel loro rispetto e nella loro condivisione e nonostante sia orgogliosamente cattolico .

Principi generali dell’ordinamento giuridico che , a loro volta , si ispirano essenzialmente proprio ai dettami essenziali del liberalismo .

Ed è l’ideologo più profondo di tale dottrina e , comunque , il suo precursore , John Locke , che , come detto , ha indicato nella vita ( oltreché nella libertà , uguaglianza e proprietà ) uno dei diritti naturali dell’individuo .

Il diritto alla vita è oggettivamente il diritto naturale fondamentale in assoluto , che rende tutti gli uomini uguali , anche coloro che non sono titolari di proprietà o di ricchezza , e che è prodromico ad ogni altro diritto , giacché la precondizione per esercitare un diritto è quella di poter nascere .

Che senso ha celebrare e tutelare le libertà di domicilio , di riservatezza , di circolazione , di riunione , di associazione , di manifestazione del pensiero se alla base non vi è il riconoscimento del diritto alla nascita ?

Un diritto radicalmente e oggettivamente leso nel momento in cui si legalizza , ai sensi dell’art. 4 della 194 , la soppressione di un concepito nei primi 90 giorni di gravidanza senza alcuna motivazione e nel momento in cui è pacifico che ciascuno di noi è nato per la ricorrenza di due condizioni : il concepimento e l’assenza di eventi letali durante la gravidanza , tra i quali la sua interruzione volontaria è quello casisticamente più frequente .

Non a caso il nostro ordinamento riconosce al concepito la titolarità di diritti successori .  

Diritto alla nascita che avrebbe dovuto essere espressamente menzionato tra quelli inviolabili riconosciuti dall’art. 2 della Carta , quale presupposto del principio di eguaglianza , affermato dalla disposizione successiva , e di tutti gli altri diritti , trattati nelle norme seguenti .

Con quel riconoscimento costituzionale , come ho avuto modo di precisare , leggi come la 194 non avrebbero potuto superare l’invocato vaglio della Consulta .        

Quanto meno , più sofisticatamente , i costituenti avrebbero potuto attribuire al Capo dello Stato , in sede di promulgazione , un diritto di veto ripetibile e vincolante ( al contrario di quanto previsto dall’art. 74 della Carta ) per il Parlamento sulle leggi nelle quali egli ravvisasse una lesione di diritti dei non elettori ( soggetti dai quali i Parlamentari non dipendono ) , quali i concepiti sono . 

Lesione assoluta e letale , nel nostro caso , poiché estrinsecantesi nella legittimazione della loro soppressione .

Ecco che il liberalismo , purtroppo , viene nella fattispecie deformato nell’esaltazione del più forte , al liberale riconoscimento dei cui diritti consegue per legge l’espressa negazione ( illiberale per antonomasia ) del diritto di base di coloro che non hanno voce , all’insegna del “ Chi tardi arriva non alloggia “ .

E’ davvero arduo ravvisare , sotto tale profilo , un elemento distintivo tra lo Stato liberale ed una qualsiasi dittatura dispotica , in quanto le argomentazioni contrarie appaiono decisamente fragili .

Nessuno potrà mai spiegare in modo convincente come possa essere giustificato il diritto esclusivo di una donna di sopprimere la figlia senza alcuna motivazione durante i primi 90 giorni di gravidanza , come tale diritto non si traduca nella prevaricazione ai danni della più debole e come esso sia compatibile con il principio di eguaglianza .

Nessuno , poi , potrebbe mai argomentare con successo le ragioni per le quali , sempre nel rispetto del princìpio di eguaglianza , il diritto alla nascita non andrebbe esteso al maschio .

Così come nessuno può considerare rispettosa di tale princìpio la negazione ( derivante dall’art. 5 della 194 ) del diritto del potenziale padre di intervenire sulla decisione abortiva , né persino di essere  informato di essa , e ciò anche nell’ipotesi che la gestante sia sua moglie .

Di qui la necessità per chiunque sia animato dal rispetto dei valori di libertà , di eguaglianza , di fratellanza , di difesa dei diritti civili di attivarsi per l’abrogazione della normativa in oggetto . 

Perché ciò avvenga , l’unica via praticabile è quella referendaria .

Questo non solo in conseguenza delle carenze costituzionali citate , che stanno alla base della vigenza di tale normativa , ma anche per l’atteggiamento inerte della classe politica e parlamentare , teso a non adottare iniziative a favore dei concepiti ( non elettori ) che possano assumere carattere impopolare in relazione agli interessi di comodo degli elettori , dal consenso dei quali essi dipendono .

Elettori sempre nel nome del cui consenso i parlamentari cosiddetti cattolici si limitano ad esprimere di tanto in tanto sulla 194 riserve generiche , stucchevoli , di assoluta irrilevanza concreta e giuridica , senza che essi abbiano di fatto mai depositato in questo trentennio , successivo al primo referendum ( risalente al 17 maggio 1981 ) , un misero disegno di legge in materia con finalità revisionistiche in senso restrittivo .

Una via , quella referendaria , che va intrapresa con la finalità di superare quegli ostacoli che si frappongono alla traduzione in voto abrogativo del forte , crescente dissenso di merito che circonda la legge in oggetto .

Come ho già ricordato , in particolare , in base ad un sondaggio Eurispes ( istituto sulla cui attendibilità nessuno può sollevare dubbi ) del 2006 :

-il 73,7% degli italiani non condivide la liceità dell’interruzione volontaria di gravidanza per mere ragioni economiche , morali e familiari , come previsto dall’art. 4 della 194 per i primi 90 giorni ;

-il 78% dei nostri connazionali ritiene del tutto ingiustificato che la decisione abortiva possa essere assunta solo dalla donna , senza che il padre ( anche se marito della stessa ) abbia il diritto neppure di essere informato della decisione , in linea , come or ora ricordato , con quanto dispone l’art. 5 della legge medesima .     

Una legge in forza della quale si può introdurre in commercio una pillola abortiva ( la Ru 486 ) , relegando tale introduzione a mera operazione di competenza non del Parlamento ( in quanto la legge già esiste ) ma di una commissione farmacologica .

Ed una legge per contrapporsi efficacemente alla quale occorre scongiurare e respingere qualsiasi tentativo di strumentalizzazione , diretto a configurare l’iniziativa referendaria come oltranzista ed illiberale , quasi fosse una crociata fuori dal tempo .

E’ proprio il liberalismo ( alla pari del cristianesimo ) che ci insegna a difendere i soggetti più deboli ( a garanzia dei quali deve operare uno Stato di diritto , che pone la legge al di sopra di tutte le istituzioni ) ed a reagire ai soprusi compiuti contro gli stessi .

E’ proprio il liberalismo ( alla pari del cristianesimo ) che , come detto , indica nella vita un diritto naturale ed inviolabile .

Ed è proprio il liberalismo ( alla pari del cristianesimo ) che pone l’individuo , con la sua dignità , al centro della società , contro ogni sopraffazione , riduzione in schiavitù e , anzitutto , contro ogni tentativo di sua soppressione .

In tale ottica , la fede cattolica favorisce senz’altro una corretta comprensione del fenomeno abortivo , illuminando le nostre menti e consentendoci , tra l’altro , di cogliere nitidamente le contraddizioni della normativa che lo disciplina ( ammettendolo di fatto indiscriminatamente ) con gli stessi princìpi di fondo del liberalismo .

Non a caso le normative più restrittive vigenti in materia sono state adottate da nazioni di tradizione cattolica ( come evidenziato in dettaglio nel mio articolo pubblicato nel numero del 31-1-2010 su www.lariscossacristiana.com ) .

Ma ( nel rispetto delle specifiche posizioni individuali ) i princìpi e le argomentazioni della nostra battaglia non possono essere considerati di per sé frutto della rigida ed acritica adesione ad una dottrina religiosa , bensì stanno più in generale alla base della nostra civiltà .

Una conclusione che è , del resto , in linea con le tesi sostenute in questi decenni dalle menti più illuminate del cosiddetto pensiero laico .       

 

Avv. Pietro Guerini

(articolo apparso su www.riscossacristiana.it il 31 Luglio 2010)

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NUOVO REFERENDUM ABROGATIVO DELLA LEGGE SULL’ABORTO : L.194 E LEGISLAZIONI INTERNAZIONALI IN MATERIA

L’azione abrogativa referendaria è , a mio avviso , l’unica via praticabile per travolgere la legislazione abortista italiana , alla luce delle caratteristiche del nostro ordinamento .

Ciò considerati il pericolo ( sia pur sopravvalutato ) di impopolarità che presentano nuovi interventi legislativi anche solo restrittivi in materia e la mancata previsione da parte dei costituenti e dei legislatori successivi , in sede di revisione costituzionale :

a ) di un diritto alla nascita , che avrebbe dovuto essere inserito tra quelli inviolabili di cui all’art. 2 della Carta e che avrebbe legittimato e legittimerebbe un intervento della Corte Costituzionale avverso la 194 e leggi analoghe ;

b ) di un diritto di veto ( vincolante e ripetibile , a differenza della facoltà generale riconosciuta dall’art. 74 Cost. ) da parte del Presidente della Repubblica nei confronti di leggi contrarie ai diritti dei non elettori , soggetti dal cui consenso i Parlamentari non dipendono , ed ispirate agli interessi di comodo degli elettori .

Ora , sottolineata la sostanziale esclusività dello strumento referendario sul piano costituzionale , qual è il quadro legislativo internazionale in materia e come si colloca in tale ambito la legislazione italiana ?

Un’analisi fondamentale ed alla quale comunque , da giurista , non posso sottrarmi .

Sinteticamente e cercando di non essere tedioso , individuerei 8 livelli :

1 ) aborto in ogni caso illegittimo ( Cile , El Salvador , Malta e Stato Città del Vaticano ) ;

2 ) aborto ammesso solo in caso di pericolo di vita della donna ( Irlanda , San Marino , Principato di Monaco , Andorra , Paraguay , Guatemala , Honduras , Venezuela , Filippine e altri ) ;

3 ) aborto ammesso in caso di pericolo di vita e di stupro della donna ( Brasile ) ;

4 ) aborto ammesso in caso di pericolo di vita , stupro e di pregiudizio per la salute fisica della donna ( Argentina , Ecuador , Costarica e altri ) ;

5 ) aborto ammesso in caso di pericolo di vita e di pregiudizio per la salute fisica della donna , nei primi 90 giorni solo per stupro , pericolo per la salute mentale e anomalie del feto ( Polonia e altri );

6 ) aborto pressoché libero nei primi 90 giorni , anche per ragioni socio-economiche , limitato successivamente ( Italia , Francia , Germania e altri ) ;

7 ) aborto ammesso per ragioni socio-economiche anche nel secondo semestre ( Inghilterra , Russia e altri );

8 ) aborto pressoché sempre ammesso ( buona parte dei paesi dell’Est Europa , del Nord America e del Nord Europa ) .

A riguardo di tale ultimo livello , vorrei sottolineare che , a differenza di quanto avviene nei paesi orientali del nostro continente , sottoposti nel secolo scorso a decenni di socialismo reale ateista , negli USA ( nazione che conta 127 milioni di cristiani almeno settimanalmente praticanti su 300 milioni di abitanti ) i gruppi pro-life sono molto attivi ed il 50% della popolazione si è recentemente dichiarata favorevole a significativi interventi restrittivi in materia .

Il fenomeno nell’Est Europa è tale che in Russia , addirittura , i 2/3 delle gravidanze si traducono in interruzioni volontarie di gravidanza .

In tale quadro generale , che possibilità e fondamento ha un’azione abrogativa referendaria nel nostro paese , dove in un trentennio dall’entrata in vigore della 194 si sono registrati ufficialmente 5 milioni di aborti ?

Di primo acchito , è duro a morire nell’opinione pubblica il luogo comune secondo cui la L. 194 avrebbe combattuto il fenomeno dell’aborto clandestino , in realtà inalterato ( si calcola che non vi siano mutamenti numerici , 50 000 all’anno , anche perché molti aborti verrebbero praticati oltre il terzo mese senza la ricorrenza dei presupposti giustificativi previsti dall’art. 6 della legge in un clima di lassismo piuttosto diffuso e di assenza di controlli rigorosi ) .

Ma quando si entra nel merito del contenuto della 194 , il distacco tra legislatore e cittadini diventa molto sensibile .

Cito ad esempio un sondaggio Eurispes del 2006 , in base al quale :

-il 73,7% degli italiani non condivide che possa essere legale l’interruzione volontaria di gravidanza per mere ragioni economiche , sociali o familiari , come dispone l’art. 4 della legge per i primi 90 giorni di concepimento ;

-il 78% dei nostri connazionali esprime il proprio dissenso a che l’evento abortivo possa essere deciso solo dalla donna , quando l’art. 5 prevede che essa non sia neppure tenuta ad informare della sua decisione in tal senso il potenziale padre , anche se coniugata !

E’ di tutta evidenza che sono cambiate le condizioni rispetto a trent’anni or sono e che sono maturati i tempi per un’azione decisa contro la normativa vigente .

Un’azione tanto più opportuna in un periodo di particolare stabilità politica come quello attuale, con la sinistra in crisi e diverse formazioni di ispirazione cattolica escluse dalle due coalizioni, libere così di appoggiare con loro spezzoni o singoli esponenti iniziative eticamente sensibili ad apparente rischio di impopolarità come quella in oggetto, senza il timore di compromettere tale stabilità .

Ecco perché il 18-7-2009 , analizzato l’esito dell’elezioni europee , ho pubblicato su www.ladestrabergamo.it un intervento intitolato significativamente “ Una proposta di iniziativa concreta a favore della vita “ , con la quale intendevo per l’appunto farmi promotore di un nuovo referendum abrogativo della L. 194/78 in materia di aborto .

Da tale intervento nacque il 28-9-2009 il sito www.no194.org , il primo sorto con quello specifico obiettivo , nel quale fu riportato il giorno stesso l’originale manifesto dell’iniziativa a firma del sottoscritto che allego nel suo testo storico ed attraverso il quale si aderisce alla stessa . 

Nella seconda parte di tale manifesto , in particolare e come si può riscontrare , ho indicato gli aspetti procedurali essenziali dell’operazione , in linea con il tenore della legge sul referendum n. 352 del 1970 ( artt. 4 , 7 e da 27 a 40 ) .

Con la costituzione di un sito e di organismi operativi , assume un ruolo centrale sul piano tecnico la formulazione dei quesiti , da riportare da subito sui fogli vidimati che attestano le sottoscrizioni dei cittadini (art. 27) .

Un quesito avente come oggetto l’abrogazione dell’intera legge va sicuramente proposto , ma è indispensabile la formulazione di quesiti alternativi , nel fondato timore che il primo non superi il doppio vaglio della Cassazione e della Consulta .

Quesiti che dovranno prevedere , quanto meno , l’abrogazione dei sopra citati artt. 4 e 5 , singolarmente e congiuntamente , oltreché dell’art. 6 .

Ringrazio sin d’ora per l’attenzione e ringrazio doppiamente chi vorrà aderire all’iniziativa , che rappresenta una vera e propria reazione contro l’offensiva laicista promossa anche in Italia negli scorsi decenni a scapito della nostra civiltà ( ispirata , anzitutto , alla tutela della vita ) e , nella fattispecie , dei soggetti più deboli , ridotti ad entità legalmente sopprimibili .

Un’operazione nella quale il nostro paese , per la sua storia particolare , deve assumere un ruolo di avanguardia , o meglio anche attraverso la quale esso deve riuscire ad elevarsi in ambito europeo al grado di civiltà di una nazione come l’Irlanda , che guarda da sempre con orgoglio e coerenza legislativa ai valori della nostra fede ed alla Chiesa di Roma .    

 

Avv. Pietro Guerini

 

(articolo apparso si www.lariscossacristiana.com il 31 Gennaio 2010)

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NUOVO REFERENDUM ABROGATIVO DELLA L.194 : ABORTO E MONDO CATTOLICO

Quando il 18-7-2009 pubblicai su www.ladestrabergamo.it l’articolo da cui ha avuto origine l’iniziativa , che ho poi recepito nella prima delle tre parti del manifesto originario della stessa , riportato sul sito www.no194.org il giorno stesso della sua costituzione , il 28-9-2009 , ed allegato nel suo file storico al mio pezzo del numero del 31-1-2010 di questa rivista , avevo ben presente un precedente analogo , risalente al 17 maggio 1981 .

Il primo referendum abrogativo , come noto , fu promosso dal Movimento per la Vita , appartenente all’articolato mondo cattolico ( termine nel quale non comprendo mai quello ecclesiastico ) , il cui leader era ed è il Magistrato ( oggi deputato al parlamento europeo ) fiorentino Carlo Casini .

Non deve certo ritenersi clamoroso che un’iniziativa del genere abbia avuto una matrice cattolica .

Come già sottolineato, l’aborto è un fenomeno non fisiologico, bensì culturale e la cultura, oltreché la fede, cattolica agevola la corretta comprensione della drammaticità di quel fenomeno .

Non a caso , tutte le legislazioni restrittive in materia sono adottate da paesi di tradizione cattolica , come ho precisato in dettaglio sempre nell’articolo pubblicato su Riscossa Cristiana il 31-1-2010 . 

Ho parlato di corretta comprensione della drammaticità dell’aborto e non di comprensione della drammaticità dell’aborto , che è pressoché comune a tutti .

L’On. Emma Bonino , considerata diffusamente la leader del cosiddetto “ abortismo “ italiano , ha più volte sottolineato come l’aborto sia un trauma per la donna .

La comprensione della drammaticità non è corretta (Bonino sembra ignorare da sempre il concepito) , ma è presente . Ora , se si ritiene che un evento ( quello abortivo ) determina un trauma ( nella donna ) , significa che non si è favorevoli ad esso .

Ecco che la contrapposizione tra abortisti ed antiabortisti , se è efficace e sintetica , è del tutto inesatta , poiché nessuno è di per sé favorevole all’aborto .

La vera contrapposizione è quella che intercorre tra coloro che affermano il potere decisionale della potenziale madre ( principio recepito nella 194 , in termini assoluti per i primi 90 giorni di gravidanza ) e coloro che ritengono che tale potere debba essere circoscritto ( ricordo ad esempio che la normativa irlandese lo riconosce solo in caso di pericolo di vita della donna  ) .  

Nel nostro paese , in realtà e per l’appunto , il dibattito in questi trent’anni successivi al primo referendum è per lo più vissuto su una falsa contrapposizione .

Da un lato , i cosiddetti abortisti , che difendono coerentemente la 194 .

Dall’altro , i cosiddetti antiabortisti , che criticano la 194 senza di regola far nulla non solo per abrogarne le norme essenziali, ma neppure per riformarle, talvolta digrignando i denti contro chi (sia pur isolatissimo) ipotizza un intervento restrittivo, come neppure un esponente radicale farebbe.

Le argomentazioni richiamate a sostegno di tale pacifica incoerenza sono spesso caratterizzate da una fragilità persino imbarazzante , e non credo solo agli occhi di chi , come il sottoscritto , per ragioni professionali è tenuto quotidianamente ad analizzare la solidità delle motivazioni formulate a corredo di una tesi ( propria , della controparte , privata o pubblica , o del Giudice ) .

Misteriose sono , anzitutto , le ragioni per le quali il primo referendum fosse doveroso e successivamente questa via sia stata considerata improponibile , quasi come se concepiti , embrioni e feti avessero un trentennio fa una dignità superiore rispetto ad oggi .

Una posizione , questa , non certo attribuibile al citato Movimento per la Vita , che indica tuttora nel proprio statuto l’abrogazione della 194 quale suo obiettivo e che , quindi , non può dichiararsi contrario né ad essa , né ad un nuovo referendum , unico strumento ( già da esso intrapreso ) possibile per conseguire tale risultato , alla luce del totale , costante immobilismo parlamentare .

Non a caso, molti iscritti ( che ringrazio di cuore ) a quel movimento hanno già aderito alla nuova iniziativa attraverso il sito www.no194.org , rispondendo positivamente alla mia lettera di invito in tal senso . 

Dato atto che è assurdo sostenere un principio ( la sacralità della vita ed il contrasto con essa della 194 ) e negarlo contemporaneamente , le motivazioni antireferendarie degli antiabortisti possono essere dettate da valutazioni strategiche e di opportunità .

La scelta difensiva di non agire per sconfiggere un avversario , in generale , trae la propria unica giustificazione dalla necessità di difendere un risultato parzialmente positivo .

Non riesco a cogliere che carattere positivo possa assumere la 194 agli occhi di un appartenente al nostro mondo . Che senso ha difendere uno 0-4 per scongiurare di subire una quinta segnatura ?

Tanto più che la quinta rete non può sopraggiungere nel nostro caso , giacché il peggioramento della pessima legge in oggetto non si è verificato neppure a seguito della prima sconfitta referendaria , né analogo effetto ha prodotto , ad esempio , sulla L. 40 sulla procreazione assistita l’esito antiabrogazionista della consultazione del 12 giugno 2005 .       

Circa l’eventualità che l’atteggiamento passivo sia ispirato dalla sfiducia verso iniziative ritenute velleitarie , credo che ogni operazione diretta a sensibilizzare la tragedia abortiva debba comunque essere elogiata , almeno sotto il profilo del suo intento .  

A mio avviso , è positivo anche partecipare ad elezioni politiche ( nelle quali i cittadini debbono scegliere il proprio governo ) con una lista ( “ Aborto no grazie “ ) di carattere meramente culturale ( senza alcun intento abrogativo o migliorativo ) nata due mesi prima di una consultazione caratterizzata da uno sbarramento al 4% ed ottenere lo 0,3% .

Ed è positivo pure impegnarsi nel laicizzatissimo contesto europeo per far valere le nostre ragioni presso le istituzioni comunitarie . La rassegnazione è la ratifica della sconfitta .

Altra tesi interna al nostro versante ma contraria alla via referendaria è quella secondo cui occorrerebbe , piuttosto ,  agire nel sociale e favorire misure assistenziali .

Non si comprende perché una soluzione debba escludere l’altra , dopo aver sottolineato peraltro che paesi ad alto intervento assistenziale , come la Francia , hanno un tasso abortivo analogo al nostro .

Occorre , a mio avviso , che il mondo cosiddetto antiabortista e , in generale , il mondo cattolico sgomberino il campo da qualsiasi dubbio o perplessità che possano essere sollevati nei propri confronti , al loro interno o all’esterno di essi .

Perplessità che riguardano la politica che io definisco delle “ strizzate d’occhio “ , adottata da quei Parlamentari che criticano una normativa per guadagnarsi il voto dei cattolici e poi non presentano neppure un disegno di legge a sua modifica nel corso di una o più legislature .

E perplessità che portano taluni ad insinuare che su quella legge qualcuno ci marci , per usare una terminologia capitolina .

Analogamente , negli ultimi anni è stato avanzato il dubbio che il federalismo , una volta attuato , avrebbe determinato la morte della Lega , in quanto tale partito non avrebbe da quel giorno avuto alcuna ragione di esistere .

Una tesi che , peraltro , non condivido , in quanto il carroccio in questi anni ha acquisito ( a mio avviso ed a prescindere , come sempre , da ogni considerazione politica di merito ) , una conformazione ideologica ( ove per ideologia si intende un complesso di ideali compatibili e premianti in ambito elettorale ) sostanziale piuttosto ben definita , svincolandosi dalla natura di forza monotematica , fragilmente riconducibile al mero conseguimento di un unico risultato . 

Ora, le organizzazioni che si dichiarano antiabortiste sono diverse e, tra di esse, le filoreferendarie non possono in radice essere accusate fondatamente di strumentalizzazioni di sorta , essendo esplicito il loro intento di abrogare il frutto legislativo del fenomeno che stigmatizzano e di non usare quella legge a giustificazione o a rafforzamento delle ragioni della propria esistenza .

L’insinuazione diventa più specifica passando da movimenti , associazioni e altro ai singoli .

Insinuazione che non sappiamo se sia fondata , di certo l’indignazione che suscita la 194 non è produttiva di una ricchezza analoga a quella che ha generato l’antiberlusconismo .

Ma , di fatto , così come il decesso del Premier determinerà il tracollo delle entrate per un piccolo esercito di scrittori, comici, attori, giornalisti suoi detrattori, anche l’abrogazione delle norme essenziali della legge di cui trattasi potrebbe ragionevolmente produrre effetti economici negativi per qualche teorico dell’antiabortismo, che, come Pannella, ci spiega che l’aborto è un trauma o una tragedia e che , come Pannella , non solo non si attiva per modificare la normativa che lo legalizza in pratica senza limiti , ma si dissocia fermamente da ogni tentativo esperito da altri in tal senso .

Al di là degli interessi e del calcolo , vi sono poi quelle che ho già definito le “ gelosie ideali “ .

Un aderente all’iniziativa , appartenente ad un movimento cattolico non particolarmente esteso , mi ha detto nei mesi scorsi : “Il mio movimento non aderisce per principio a nulla che non sia promosso da se stesso , quindi non aderisce , al limite promuove , e sulla 194 non farà mai nulla “ .

Credo che gli ideali debbano essere anteposti a partiti , movimenti , associazioni , circoli , comitati , giustifichino la loro stessa esistenza e che l’opzione per una di queste organizzazioni debba avere un fondamento superiore a quello che caratterizza la scelta ( acritica , aprioristica e fine a se stessa ) della squadra di calcio per cui tifare , fondamento meritevole di prevalere sul senso di appartenenza all’organizzazione e sugli interessi extravaloriali di quest’ultima .         

E , ispirandosi agli ideali della sacralità della vita e della difesa del più debole , l’azione ferma contro la 194 viene esperita :

-con la pragmatica consapevolezza del terreno su cui si gioca la partita , coinvolgendo anzitutto il mondo cattolico , ma anche altre realtà facendo leva su argomentazioni razionali , il tutto con quell’unico fine e mediante una specifica struttura apartitica , svincolata dalle coalizioni ;

-ma con la coscienza che non tutto è negoziabile e che non si possono condurre trattative sulla pelle degli altri , trattative aventi come oggetto la vita del prossimo .          

Un’azione necessariamente referendaria , in quanto l’unica praticabile per travolgere la legislazione abortista italiana , alla luce delle caratteristiche del nostro ordinamento .

Ciò considerati il pericolo ( in realtà sopravvalutato ) di impopolarità che presentano in ambito parlamentare nuovi interventi legislativi anche solo restrittivi in materia e la mancata previsione da parte dei costituenti e dei legislatori successivi :

a ) di un diritto alla nascita , che avrebbe dovuto essere inserito tra quelli inviolabili di cui all’art. 2 della Carta e che avrebbe legittimato e legittimerebbe un intervento della Corte Costituzionale avverso la 194 e leggi analoghe ;

b ) di un diritto di veto ( vincolante e ripetibile , a differenza della facoltà generale riconosciuta dall’art. 74 Cost. ) da parte del Presidente della Repubblica nei confronti di leggi contrarie ai diritti dei non elettori , soggetti dal cui consenso i Parlamentari non dipendono , ed ispirate agli interessi di comodo degli elettori . Pericolo d’impopolarità , come dicevo , sopravvalutato , se è vero che , come ho ricordato , in base ad un sondaggio Eurispes del 2006 :

-il 73,7% degli italiani non condivide che possa essere ammessa l’interruzione volontaria di gravidanza per mere ragioni economiche , sociali e familiari ( come dispone l’art. 4 della 194 ) ;

-il 78% dei nostri connazionali ritiene inconcepibile che la decisione abortiva possa essere assunta solo dalla donna ( anche coniugata ) , che coinvolge il possibile padre solo se lo ritiene opportuno , secondo quanto prevede l’art. 5 della legge . E proprio tali dati debbono rendere consapevoli delle potenzialità che quell’azione può assumere , pur nella coscienza delle difficoltà che si debbono affrontare nel suo esercizio . Il consenso che l’iniziativa sta raccogliendo è il riflesso anche dell’insofferenza di una parte del mondo cattolico verso la diplomatica inconcludenza , verso l’incoerenza più o meno interessata , verso la passiva difesa del nulla , verso il timore della propria ombra che hanno troppo spesso caratterizzato quel mondo negli ultimi decenni .

Decenni in cui questo atteggiamento ha costituito l’altra faccia del relativismo etico , laicista ed ateista , che sta causando il tracollo di una civiltà bimillenaria e della nostra stessa società .

Una società che assiste inerme ( barcamenandosi anche tra gelosie e vuoti tatticismi ) alla soppressione dei propri figli .

 

Avv. Pietro Guerini

 

(articolo apparso su www.riscossacristiana.it il 30 Giugno 2010)

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NUOVO REFERENDUM ABROGATIVO DELLA L.194 : ABORTO E SINISTRA

Dopo aver analizzato il fenomeno abortivo sotto l’aspetto costituzionale , giuridico , politico , del rapporto tra norma giuridica e principi religiosi e della sua relazione con il femminismo , mi soffermo sull’ulteriore relazione esistente con l’area politico-culturale di sinistra .

Area che ha costituito la vera e propria culla della vigente legislazione in materia .

Una legislazione che , come noto , risale al 22 maggio 1978 e che si è tradotta nella L. 194 .

Non a caso , la legislatura che diede origine a tale normativa nacque con un esito assai lusinghiero per le sinistre , con conseguenti riflessi positivi a livello di consistenza parlamentare .

Alle elezioni politiche del 1976 , alla Camera il PCI ottenne il 34,4% , il PSI ( con falce e martello nel simbolo ) il 9,9% , PR , PDUP E DP attorno al 4% nel loro complesso .

In pratica , quasi la metà del corpo elettorale votò a sinistra ed il Parlamento nato da quella consultazione era quasi al 50% composto da appartenenti a quell’area politica .

Era , quella , un’epoca fortemente ideologicizzata , in cui il corpo elettorale tendeva ad essere condizionato in modo assai sensibile dalle opinioni del partito di appartenenza e del suo leader nonché dal complesso di valori del quale esso era espressione .

L’ideologia comunista , in particolare , si traduce sul piano dottrinario in un movimento o sistema che mira a realizzare l’eguaglianza sociale attraverso la totale comunione delle risorse e dei beni .

Il socialismo , poi , è la teoria o il movimento che propugna il possesso ed il controllo dei mezzi di produzione da parte delle classi lavoratrici ( o , comunque , un’importante presenza dello Stato in campo economico , con finalità redistributive ed assistenziali ) per realizzare , mediante una nuova organizzazione della società , l’uguaglianza politica , sociale ed economica di tutti gli uomini .

Il partito radicale è quella forza politica che esalta i valori libertari , la difesa dei diritti civili , il pacifismo e la non violenza .   

Il minimo comune denominatore delle tre ideologie pare essere la difesa dell’oppresso , vittima delle ingiustizie , della violenza , dei soprusi del privato potente e del potere , degli interessi economici . Ora , come noto l’art. 4 della L. 194 prevede la legalizzazione dell’interruzione volontaria di gravidanza nei primi 90 giorni persino per ragioni economiche , sociali e familiari , quindi una legalizzazione generalizzata . 

Ed è pacifico che ciascuno di noi esiste per la ricorrenza di due condizioni : il concepimento e l’assenza di eventi letali durante la gravidanza , tra i quali la sua interruzione volontaria è nettamente il più ricorrente sul piano casistico .

Alla luce di ciò , la promozione prima e la difesa ideologica poi di questa legge posta in essere dalla sinistra appare del tutto contraddittoria con i suoi valori di base .

Non a caso Pierpaolo Pasolini ebbe modo di dichiarare nel 1975 ( dunque pochi mesi prima del suo decesso ) che un’eventuale normativa che legalizzasse l’aborto avrebbe legalizzato l’omicidio .    

Un uomo di sinistra , ma libero da indottrinamenti ideologici , come dimostrato dalle sue ( più celebri rispetto a quella ora ricordata ) prese di posizione su altri temi .

Ebbene , è di tutta evidenza che l’art. 4 della 194 deve ritenersi in contrasto con il sopraindicato minimo comune denominatore dell’ideologia radical-social-comunista , in quanto attraverso tale disposizione si legalizza :

a ) l’estremo atto di violenza e di oppressione , in quanto esso si traduce in una soppressione ;

b ) l’ingiustizia più radicale , giacché compiuta ai danni di un soggetto che non lavora , non guadagna , non acquista , non gode di tutela sindacale , non può esercitare il diritto di sciopero ;

c ) una pratica caratterizzata da forti interessi economici , tanto più rilevanti in considerazione della sua notevole diffusione , che prevalgono sull’esigenza di base del singolo , quella di nascere .

Ad analoghe conclusioni si deve giungere con riferimento all’art. 5 della l. 194 , che attribuisce alla donna ( anche coniugata ) il potere di assumere in via esclusiva la decisione abortiva .

Come si può invocare l’uguaglianza dei cittadini e farsi propugnatori di una discriminazione sessista radicale e incidente su una decisione di fondamentale , anzi vitale , importanza ?

Le motivazioni di merito utilizzate dalle sinistre a sostegno di questa netta presa di posizione , che ha dato origine alla disciplina vigente in materia e che ne ispira la difesa , poi , sono non solo contraddittorie ma , da un lato , sin troppo evidentemente fragili e , dall’altro , tali da mascherare finalità ed interessi assai poco nobili . Negli ultimi anni abbiamo sentito ripetere in continuazione che la 194 avrebbe ridotto il numero delle interruzioni volontarie di gravidanza .  Non occorre essere dotati di un quoziente intellettivo particolarmente elevato per rimanere fortemente perplessi di fronte a questa asserzione . Provate a immaginare quali sarebbero in una comunità gli effetti della depenalizzazione dell’omicidio .      

Qualcuno di voi ritiene che essa determinerebbe una progressiva riduzione delle morti violente ?

Il calo degli aborti , se fosse reale , sarebbe ovviamente determinato dalla forte diminuzione delle gravidanze , figlia anche del sempre più massiccio impiego di preservativi e anticoncezionali .

In realtà , percentualmente si stima un 25% di gravidanze interrotte in modo volontario , dato sostanzialmente invariato in questi trent’anni .

Un’altra leggenda è quella della diminuzione degli aborti clandestini che conseguirebbe dall’entrata in vigore della 194 , la quale avrebbe garantito la trasparenza della pratica abortiva  .

Una piaga , in realtà , tutt’altro che in declino , già in considerazione degli aborti che vengono eseguiti in violazione dei presupposti della stessa 194 , segnatamente , anzitutto :

-dell’art. 6 lettera b ( oltre il terzo mese di gravidanza , in assenza di processi patologici che determinino realmente un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna ) ;

-dell’art. 12 ( nei confronti di una minorenne , senza aver ottenuto il consenso di genitori , tutore o Giudice tutelare e senza che ricorrano ragioni di urgenza a motivo di un grave pericolo per la salute della interessata ) .

Violazioni figlie di un clima di lassismo generale introdotto ed avallato dalla normativa in oggetto .     

E , pur nell’ovvia assenza di dati ufficiali riguardanti un fenomeno clandestino , sembra che esso non sia per nulla in diminuzione .

Assai fragili sono pure le motivazioni economico-sociali addotte a giustificazione della disciplina vigente .  La circostanza che in Irlanda , paese con una virtuosa legislazione in materia , vi sia un tasso di natalità quadruplo rispetto a quello che si registra in Francia , secondo paese dell’UE nella specifica graduatoria e nel quale opera lodevolmente un significativo intervento statale a sostegno della maternità , dimostra come l’aborto non sia un fenomeno fisiologico accentuato da ragioni sociali , ma culturale . Le madri irlandesi sembrano essere convinte che i figli si debbano far nascere , anche perché illuminate da una grossa sensibilità verso la fede cattolica , ancor viva nella splendida ( non solo sotto il profilo geografico ) isola nella quale vivono .

Una fede che , per l’appunto , illumina le menti e che consente di comprendere nitidamente ciò che la logica conferma , in spregio alla insensata contrapposizione fede-ragione .     

Non è un caso che le normative più restrittive in materia siano adottate in paesi cattolici ( si veda in dettaglio il mio articolo pubblicato sul numero del 31-1-2010 ) .

In realtà , anche nello specifico tema in oggetto , la sinistra dimostra di rappresentare un’area culturale crollata nelle sue contraddizioni e svuotata di contenuto , con riflessi anche di carattere politico . Le percentuali di voto citate in apertura appartengono al passato remoto del nostro paese , se è vero che alle consultazioni europee dello scorso anno i partiti di sinistra sono scivolati al 32% , considerato che IDV di Di Pietro appartiene in quello stesso contesto continentale al gruppo liberal-deomocratico ( presentando affinità con l’area di sinistra solo in chiave antiberlusconiana ) .  

Quella cultura non è espressione di una maggiore sensibilità verso le esigenze della più debole , inverosimilmente identificata nella madre e non nella figlia ( o nel figlio ) che la prima deve poter liberamente decidere di sopprimere , senza che lo Stato possa opporsi e svolgere alcun funzione di tutela della vita umana .

Tale cultura risente , piuttosto , di un’impostazione nichilistica , rafforzata da esigenze elettoralistiche , purtroppo generali nel campo politico e dirette , nella fattispecie , a premiare gli interessi di comodo dell’elettore rispetto al diritto alla vita del non elettore .

Un’impostazione che trasuda di un laicismo intollerante e anticlericale che sconfina nell’ateismo militante , il quale ultimo ha , peraltro , il suo leader istituzionale nell’attuale Presidente della Camera , teorico dell’incompatibilità tra norma giuridica e principi religiosi ( come precisato in dettaglio nel pezzo pubblicato nel numero del 31-3-2010 ) , affermata in diversi suoi discorsi ( per tutti quello di Monopoli del 13-5-2009 ) pronunciati nella significativa veste di vertice di uno dei due rami del potere legislativo .

Non a caso si è registrata negli ultimi tempi una trasmigrazione dei pochi cattolici che militavano nel versante sinistro dello scenario politico nazionale verso altri lidi , il che non è del tutto positivo , giacché la loro presenza in quell’area rendeva meno plausibile la promozione da parte della stessa di soluzioni atte a realizzare derive zapateriste nel nostro paese .   

Il vero impegno sociale a favore del più debole , in realtà , non è quello esercitato da quel mondo (contraddittorio , allo sbando e privo di punti di riferimento etici ) ma è quello svolto , ad esempio , dei Centri di Aiuto alla Vita , gravitanti , come noto , nell’ambito del Movimento per la Vita , che supportano materialmente e psicologicamente le donne in difficoltà scongiurando alla società e , ancor prima , a loro ed ai loro figli la soppressione di un essere umano . 

Tutto ciò in attesa che lo Stato svolga la propria funzione e assuma le sue doverose responsabilità.

Perché ciò avvenga , la via abrogativa referendaria deve ritenersi l’unica praticabile , quale unico strumento per travolgere la legislazione abortista italiana , alla luce delle caratteristiche del nostro ordinamento . Ciò considerati il pericolo ( in realtà sopravvalutato , sondaggi alla mano e stanti il mutamento del quadro politico e la maggior indipendenza dei cittadini rispetto ai partiti ) di impopolarità che presentano agli occhi del mondo parlamentare nuovi interventi legislativi anche solo restrittivi in materia e la mancata previsione da parte dei costituenti e dei legislatori successivi :

a ) di un diritto alla nascita , che avrebbe dovuto essere inserito tra quelli inviolabili di cui all’art. 2 della Carta e che avrebbe legittimato e legittimerebbe un intervento della Corte Costituzionale avverso la 194 e leggi analoghe ;

b ) di un diritto di veto ( vincolante e ripetibile , a differenza della facoltà generale riconosciuta dall’art. 74 Cost. ) da parte del Presidente della Repubblica nei confronti di leggi contrarie ai diritti dei non elettori , soggetti dal cui consenso i Parlamentari non dipendono , ed ispirate agli interessi di comodo degli elettori .

Ecco perché il 18-7-2009 , dopo aver riscontrato l’esito delle ultime elezioni europee , sul sito www.ladestrabergamo.it , che mi ha gentilmente ospitato pur non essendo iscritto a quella come a nessun altra formazione politica , ho pubblicato un pezzo ( allegato al numero di riscossa cristiana del 31-12-2009 ) con il significativo titolo “ Una proposta di iniziativa concreta a favore della vita “, con il quale , per l’appunto , intendevo farmi promotore dell’iniziativa referendaria .

Da tale intervento nacque il 28-9-2009 il sito www.no194.org , il primo sorto con quello specifico obiettivo , nel quale fu riportato il giorno stesso l’originale manifesto dell’operazione a firma del sottoscritto ( il cui file storico è stato riportato in calce all’articolo pubblicato sul successivo numero del 31-1-2010 ) . Un sito attraverso il quale vi invito ad aggiungere la Vostra adesione al comitato alle oltre duecento che già sono ivi riportate , nel quadro di un più vasto consenso che l’iniziativa sta riscuotendo , grazie al lodevole impegno di molti , tra i quali va annoverata la presente rivista a cui ho l’onore di collaborare .

 

Avv. Pietro Guerini

 

(Articolo apparso su www.riscossacristiana.it il 31 Maggio 2010)

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